- Santikhiri/Mae Salong è il cuore del tè del nord: oolong, botteghe, tostature artigianali e panorami dal Wat Santakhiri.
- Ban Rak Thai unisce tè verde, risaie e cucina yunnanse: villaggio remoto dal fascino autentico.
- Singha Park è il volto family-friendly del tè a Chiang Rai: 237 acri coltivati e attività all’aria aperta.
- Degustazioni calde e fredde, produttori locali e accesso via bus e songthaew completano l’esperienza.

Nelle alture del nord della Thailandia si snoda un mosaico verde che profuma di foglie arrotolate e tostatura: qui, tra valli e creste al confine con il Myanmar, il tè è più di una bevanda, è paesaggio, lavoro, cultura quotidiana. Queste Highlands custodiscono il cuore del tè thailandese, con villaggi come Mae Salong, oggi Santikhiri, dove il ritmo della vita segue ancora i tempi della raccolta e della lavorazione.
Fin dall’arrivo, l’aria richiama al naso una scia inconfondibile: tostato, erba bagnata dal sole, leggeri accenni floreali. Case con tettoie colme di foglie al sole, piccoli tostatori, botteghe di vendita all’ingrosso e caffetterie di paese raccontano un’economia che ruota attorno al tè, eredità di comunità cinesi giunte dallo Yunnan e radicatesi su questi pendii.
Mae Salong o Santikhiri: identità, storia e tè
Il nome ufficiale oggi è Santikhiri, ma per tutti resta ancora Mae Salong: un toponimo che evoca piantagioni a perdita d’occhio e una comunità capace di trasformare una montagna in un giardino ordinato. La maggior parte degli abitanti è di origine cinese-yunnanese e vive principalmente della coltivazione del tè, con un saper fare affinato nel tempo.
Camminando per il villaggio, si intravedono spesso grandi teli tesi dove le foglie vengono stese a appassire, serrande alzate di piccoli magazzini e torrefazioni che non nascondono ciò che avviene all’interno. Le porte semichiuse diventano inviti a sbirciare: sacchi di foglie, tostatori fumanti, cassette intrecciate, strumenti semplici e gesti sicuri.
La comunicazione con chi lavora non sempre passa per le parole: tra lingue diverse, ci si capisce con il sorriso o con gesti non verbali. Il contatto può sembrare più riservato rispetto all’accoglienza tipicamente raggiante dei thailandesi di pianura, ma la curiosità reciproca spesso scioglie le distanze.
Nonostante la meccanizzazione abbia alleggerito alcune fasi, resta molta manualità lungo la filiera. Dopo l’appassimento, la selezione, la disposizione in grandi ceste e la verifica del grado di umidità avvengono ancora a mano, con dita che palpano, misurano, valutano l’istante giusto.
Un mare verde di colline
Appena fuori dall’abitato, i campi più scenografici appaiono come onde, file parallele che si perdono nella foschia. Le piante disegnano curve morbide che, viste dalla strada, si sovrappongono come un mare compatto ma brillante, mantenendo un verde intenso che non sfuma mai del tutto.
In alcuni fondovalle, la monotonia del verde è punteggiata da macchie coloratissime: sono i copricapi delle raccoglitrici. Le donne si muovono rapide e precise, pizzicando i germogli apicali con un gesto quasi carezzevole, frutto di un’abilità tramandata e di giornate lunghe sotto il sole.
Le donne Akha e il betel
Molte raccoglitrici appartengono al gruppo Akha, riconoscibili per i copricapi tradizionali adornati da pendagli e piccole perle d’argento. Alcune proteggono il volto con ombrellini fissati con maestria, mentre altre masticano betel durante il lavoro, abitudine diffusa in varie aree delle montagne del Sud-est asiatico.
Il betel, detto bai plu in thai, è utilizzato come tonico e digestivo, con effetti lievemente stimolanti. Le foglie vengono mescolate a polvere di calce e masticate con energia per combattere la fatica; il tannino tinge denti e gengive, mentre la calce, col tempo, può intaccare la dentatura.
La scena, a tratti, è intensa: sputi frequenti, pause brevi, poi di nuovo al lavoro. Il quadro complessivo è quello di una fatica costante, sostenuta da gesti funzionali a tenere il ritmo su terreni scoscesi, quando la raccolta entra nel vivo.
Dal raccolto alla tostatura: la prima tazza
Capita che un lavorante, mentre scarica grossi fagotti di foglie fresche, si fermi un attimo. Prende un pugno di foglie appena tostate, versa acqua bollente in una tazza di metallo e offre una bevuta speciale: la primissima infusione del giorno, calda e aromatica, un privilegio spesso riservato a chi lavora al forno.
In quella tazza ci sono sguardi e storie: la donna che sorrideva masticando betel chiedendo una foto, chi trascina con fatica i sacchi, chi decide il punto preciso di tostatura solo annusando e soppesando le foglie. C’è anche la bottegaia che contratta con calcolatrice in mano e un borsello gonfio, il bambino che sonnecchia all’ombra dei cespugli, la signora che scalda l’acqua nella sua teiera cinese accovacciata davanti alla porta.
Il ruolo dell’artigiano del tè è centrale: mani esperte e naso allenato dettano i tempi in cui interrompere il calore. La capacità di fermarsi un istante prima o dopo è ciò che scrive il carattere del tè di Santikhiri, tra note burrose, vegetali, talvolta più tostate.
Mae Salong oggi: cosa vedere e fare
Il territorio attorno al villaggio ospita la maggioranza delle piantagioni locali, con una conversione storica da coltivazioni illecite a tè di qualità. Qui domina l’oolong di tradizione cinese yunnanese, coltivato e lavorato in vari gradi di ossidazione, spesso con interpretazioni tipiche del luogo.
Tra i produttori più noti si citano 101 Tea Plantation e Wang Put Tan. Una visita permette degustazioni guidate e acquisti diretti, dalle foglie sfuse ai kit per l’infusione, utili per portarsi a casa profumi e rituali.
Vale la pena salire al Wat Santakhiri, il tempio in altura. Da qui si abbraccia con lo sguardo un panorama imponente sulla valle, sulle piantagioni ordinate e sui boschi più scuri che le incorniciano; nelle giornate terse, la luce scolpisce i filari come righe su un pentagramma.
Ban Rak Thai: villaggio yunnanese tra tè e risaie
Restando nel grande arco del Triangolo d’Oro, un’altra tappa suggestiva è il piccolo abitato conosciuto come Ban Rak Thai, il cui nome ufficiale è Mae Aw. Il soprannome locale, traducibile come il villaggio caro ai thailandesi, riassume bene l’atmosfera: case in legno, orti, risaie a terrazze e piantagioni di tè che si specchiano in acque placide.
La posizione isolata e l’altitudine regalano un clima fresco per gran parte dell’anno. Ban Rak Thai è apprezzato per il tè verde e per esperienze lente con guide del posto, che introducono ai segreti dell’arbusto, tra potature, raccolte selettive e piccoli assaggi.
Qui la cucina risente fortemente dei sapori yunnansi: zuppe, noodles, carni stufate e tè come ingrediente o abbinamento. Non manca un tocco di curiosità enologica, con un vino locale che racconta microtradizioni nate dall’incontro tra culture.
Singha Park: agricoltura e svago a Chiang Rai
Poco fuori Chiang Rai, un grande complesso nato come Boon Rawd Farm si è trasformato in un polo di agricoltura e tempo libero. Singha Park si estende su circa 8.000 rai, pari a 12,8 km², con 237 acri dedicati alle piantagioni di tè e una produzione annua che tocca all’incirca 400 tonnellate.
Dal 2012 il parco è aperto ai visitatori con molte attività family-friendly: percorsi ciclabili, zipline, pareti da arrampicata, frutteti, piccoli allevamenti e un parco faunistico. Per chi viaggia con bambini è una sosta ideale che unisce natura, didattica e divertimento.
Degustare il tè in loco: dalla tazza calda alla versione fredda
Tra negozietti e caffè di Mae Salong si trova tè di qualità elevata servito in vari modi. Oltre alle infusioni tradizionali, vale la pena provare la versione fredda preparata con tè nero in stile Assam, anice stellato, una punta di limone, latte condensato e talvolta semi di tamarindo, che donano alla bevanda una tonalità aranciata inconfondibile.
La ricetta può cambiare di bottega in bottega, con sfumature diverse nella dolcezza e nelle spezie. Questa bevanda, fresca e aromatica, rende benissimo il connubio tra tradizione cinese e creatività thailandese, perfetta durante le ore più calde o dopo una camminata tra i filari.
Come arrivare a Mae Salong
Raggiungere il villaggio è semplice con un po’ di pazienza e incastri locali. Partendo da Chiang Rai si può combinare bus e songthaew, le classiche camionette condivise, per coprire l’ultimo tratto in salita, con tempi variabili in base alle coincidenze.
- Da Chiang Rai: bus fino all’area di Ban Pasang.
- Cambio per songthaew: si sale sulle camionette collettive che portano direttamente a Santikhiri/Mae Salong.
- Orari flessibili: meglio verificare sul posto per gli ultimi aggiornamenti e la frequenza.
Lungo la strada, in ogni stagione, cambiano le sfumature del paesaggio: dai giovani germogli primaverili alle chiome fitte della stagione umida, fino ai contrasti secchi e dorati delle settimane più asciutte.
Note di viaggio e confronti regionali: Cameron Highlands
Per chi ama paragonare territori del tè nel Sud-est asiatico, le Cameron Highlands in Malesia offrono un utile contrappunto. Le piantagioni malesi riforniscono gran parte del mercato interno e impiegano spesso lavoratori stagionali da Bangladesh o Nepal, un dato che racconta dinamiche sociali e del lavoro nell’area.
La visita a una fabbrica locale, talvolta piuttosto sbrigativa e con restrizioni sulle fotografie, mostra l’assemblaggio delle bustine che arrivano sulle nostre tavole. Non tutti i palati percepiscono differenze marcate fra i vari tè assaggiati in fabbrica, segno di una standardizzazione orientata alla grande distribuzione, differente dal carattere artigianale che si respira nei piccoli laboratori del nord Thailandia.
Un itinerario tipico per Cameron Highlands può includere trasferimenti un po’ lunghi: traghetto da Langkawi a Kuala Kedah in circa 1 ora e 45, taxi verso la stazione di Alor Setar, quindi bus fino a Ipoh con 4-5 ore di viaggio, per poi proseguire ancora 2 ore fino a Tanah Rata, tra serre di fragole e curve tra le montagne.
Sul posto si trovano hotel confortevoli come il Century Pines Hotel Resort di Tanah Rata, spesso a prezzi competitivi se prenotati in giornata. Le colline malesi, pur dense di fascino, restituiscono un’esperienza diversa da quella thailandese, per vocazione produttiva e impostazione turistica.
Capita anche di imbattersi in episodi meno piacevoli. Un racconto di viaggio cita una cena verso Cameron Highlands trovata su Google con voti altissimi. Dopo ore di guida, il gruppo ordina, ma un piatto di verdure sambal kangkong viene sostituito per errore con un’altra verdura. La cameriera ammette lo sbaglio ma non lo annulla perché il piatto era stato già assaggiato, temendo la perdita per il locale.
Alla fine arriva uno sconto del 50% sul piatto errato e la serata si chiude tra perplessità e toni alzati. Fra le portate ordinate per tre persone, spicca come migliore il tofu fritto all’uovo salato; in generale, l’impressione è che altrove, in Malesia o in altri paesi vicini, si possa trovare qualità superiore nella stessa fascia di prezzo. È un aneddoto utile a ricordare che le recensioni online sono indicazioni, non verità assolute.
Suggerimenti pratici e piccole curiosità
A Santikhiri e dintorni conviene programmare tappe brevi e frequenti: degustazioni in piantagione, pause panoramiche lungo i tornanti, visita al tempio e acquisti nelle botteghe. Gli assaggi aiutano a distinguere i gradi di ossidazione e i profili aromatici.
Molte realtà locali comunicano sempre più tramite canali social e messaggistica: capita di imbattersi in iniziative editoriali o promozionali che riguardano borghi e patrimoni lontani, e persino in liste broadcast dedicate ai viaggi. Anche un semplice post su Instagram può ispirare la prossima tappa tra i filari del tè.
Tra i marchi del territorio e i materiali promozionali ufficiali, il racconto del tè del nord Thailandia si articola tra foto d’autore e dettagli tecnici. Documentazioni e crediti, laddove presenti, aiutano a valorizzare l’identità del luogo e il lavoro di chi lo racconta, dai fotografi ai promotori turistici.
Se si vuole portare a casa un souvenirs sensato, meglio puntare su foglie sfuse di provenienza certa e attrezzatura di base per l’infusione. Un oolong di Santikhiri preparato con cura rievoca alla perfezione profumi, persone e paesaggi incontrati lungo la strada, facendo riemergere l’immagine delle onde verdi che si perdono in lontananza.
Tra le esperienze più evocative resta quella della prima tazza dal forno, ma anche una pausa in un caffè di paese regala momenti memorabili. La versione fredda del tè con spezie e latte condensato è un piccolo rito estivo, semplice e sorprendente, da sorseggiare guardando i pendii a terrazze.
Un ultimo promemoria per l’itinerario: oltre alle grandi tenute, ci sono produttori a conduzione familiare con visite brevi su richiesta. Chiedere sul posto, informarsi sugli orari e rispettare le regole della piantagione è il modo migliore per avere accesso a spazi di lavoro spesso molto artigianali.
Il nord della Thailandia non è il primo nome che viene in mente parlando di tè, eppure sorprende per estensione, qualità ed esperienze collegate. Tra Santikhiri/Mae Salong, Ban Rak Thai e Singha Park si disegna un triangolo perfetto per capire come un paesaggio agricolo possa diventare destinazione, tra gente che lavora con pazienza, tazze condivise e un verde che sembra non finire mai.
