Cosa ha inventato Michael Faraday: scoperte, invenzioni e eredità

Última actualización: novembro 9, 2025
  • Induzione elettromagnetica (1831): base di generatori e dinamo moderni.
  • Motore elettromagnetico (1821) e concetti pratici che uniscono elettricità e movimento.
  • Leggi dell’elettrolisi, gabbia di Faraday, effetto Faraday: pilastri di fisica e chimica applicata.

Invenzioni e scoperte di Michael Faraday

Pratico, instancabile e curioso fino al midollo: così è spesso ricordato Michael Faraday, il grande sperimentatore che ha cambiato il nostro modo di produrre e usare l’elettricità. In questo articolo ripercorriamo in italiano, con stile chiaro e scorrevole, tutto ciò che Faraday inventò e scoprì, intrecciando le tappe della sua vita con i risultati che hanno reso possibile la tecnologia moderna, dai motori ai generatori, dall’elettrolisi alla protezione elettrostatica.

Tra Ottocento e primi esperimenti di laboratorio, la sua intuizione più celebre del 1831 – l’induzione elettromagnetica – è l’asse portante di centrali, dinamo e motori. Se oggi accendiamo la luce a casa, un pezzo del merito è suo. Ma la storia non finisce lì: Faraday ha lasciato il segno anche nella chimica, nel linguaggio scientifico e nel modo stesso di visualizzare i campi fisici attraverso le famose linee di forza.

Origini umili, mente tenace

Nato a Newington Butts, vicino a quella che oggi è Elephant and Castle, nel borgo londinese di Southwark, Faraday crebbe in una famiglia modesta: il padre, James Faraday, era un fabbro di salute fragile, e i Faraday abbracciarono le credenze sandemaniane, un ramo del protestantesimo che lo accompagnò per tutta la vita. Questa radice spirituale ne influenzò il carattere e la condotta morale, senza frenare la sua fame di conoscenza.

Appena tredicenne iniziò come fattorino nella bottega di un libraio e a quattordici anni divenne apprendista rilegatore. Fu tra le pagine dei libri che scoprì il suo mondo: divorò testi di scienza e filosofia pratica, applicando i consigli di Isaac Watts in “The Improvement of the Mind” e lasciandosi ispirare dalle “Conversations in Chemistry” di Jane Marcet, che accese definitivamente la scintilla per l’elettricità e la chimica.

Da autodidatta si immerse nella chimica finché, dal 1810, poté finalmente frequentare lezioni alla Royal Institution. A vent’anni, nel 1812, seguì i corsi del grande Humphry Davy e di John Tatum; William Dance gli procurò diversi inviti alle lezioni. Faraday prese appunti meticolosi – trecento pagine – li rilegò e li inviò a Davy: un gesto che gli valse un posto da assistente nel laboratorio più ambito di Londra.

Quando nel 1813 venne licenziato un assistente della Royal Institution, Davy indicò Faraday per il ruolo di aiuto chimico. Lo portò con sé in un lungo viaggio scientifico in Europa tra il 1813 e il 1815, ma la rigida società classista e la diffidenza della moglie di Davy lo costrinsero spesso a mansioni da cameriere; nonostante umiliazioni e momenti di sconforto, quell’esperienza gli aprì le porte dell’élite scientifica continentale.

La crescita fu rapida: primo articolo nel 1816, elezione alla Royal Society nel 1823, direzione del laboratorio nel 1825; nel 1833 divenne professore fulleriano di chimica a vita alla Royal Institution, senza obbligo di insegnamento formale, libero di dedicarsi alla ricerca e alla divulgazione.

Chimica: sostanze, numeri e strumenti

I primi grandi lavori di Faraday si intrecciano con la chimica del cloro: studiò approfonditamente l’elemento e isolò nuovi cloruri del carbonio. Si cimentò con la diffusione dei gas, la liquefazione di sostanze considerate “irriducibili” (portando, tra gli altri, cloro e anidride carbonica allo stato liquido), e sperimentò su leghe d’acciaio e vetri speciali ad alta densità pensati per scopi ottici.

Un campione di quel vetro pesante è diventato storico: proprio in quel materiale Faraday osservò la rotazione del piano di polarizzazione della luce sotto un campo magnetico, gettando il seme di una delle sue scoperte più sottili. Non era solo chimico e fisico: inventò anche una forma arcaica del becco che diventerà il Bunsen, pratico e diffuso nei laboratori di tutto il mondo.

Tra le sostanze identificate spicca il benzene, che Faraday chiamò all’inizio “bicarburo di idrogeno”. Propose i numeri di ossidazione, preparò il primo clatrato idrato e portò grandi progressi nel comprendere i legami tra elettricità e reazioni chimiche.

  • Benzene e idrocarburi: identificazione e prime denominazioni storiche.
  • Cloruri del carbonio e studi sistematici sul cloro.
  • Liquefazione dei gas come cloro e anidride carbonica; contributi pionieristici.
  • Numeri di ossidazione e linguaggio elettrochimico moderno (anodo, catodo, elettrodo, ione).
  • Becco “pre-Bunsen” e vetri pesanti per esperimenti ottici.
  • Primo clatrato idrato e prime sistematizzazioni metodologiche in chimica.
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Verso l’elettromagnetismo: rotazioni, motore e dinamo

Il primissimo esperimento elettrico di Faraday fu quasi artigianale: costruì una pila di Volta con monete da mezzo penny, dischi di zinco e carta imbevuta in soluzione salina con cui decompose il solfato di magnesio. Poco dopo il 1820, la scoperta dell’elettromagnetismo di Hans Christian Ørsted scosse l’Europa scientifica e dirottò l’attenzione di molti ricercatori.

Nel 1821, discutendo con Davy e William Hyde Wollaston, Faraday realizzò dispositivi per la “rotazione elettromagnetica”: un filo immerso in un bagno di mercurio con un magnete al centro ruotava quando attraversato da corrente. Era nata la base del motore elettromagnetico, un’idea che mostrava come l’elettricità potesse produrre movimento continuo.

La pubblicazione dei risultati scatenò una disputa perché Faraday non riconobbe adeguatamente il debito verso Davy e Wollaston; la polemica lo tenne lontano dall’elettromagnetismo per alcuni anni. Alla morte di Davy tornò però con decisione sull’argomento.

Nel 1831, avvolgendo due bobine isolate attorno a un anello d’acciaio e facendo passare corrente in una di esse, osservò che nell’altra si induceva una corrente momentanea: aveva scoperto l’induzione elettromagnetica. Nei test seguenti mostrò che muovere un magnete attraverso un circuito (o un solenoide vicino a un magnete fermo) generava corrente: nascita del generatore elettrico, l’antenato della dinamo.

Questi risultati formalizzati nella legge di Faraday–Neumann–Lenz, confluirono poi nelle quattro equazioni di Maxwell. La visione di Faraday dei campi variabili che si generano a vicenda diventò il principio teorico su cui si è sviluppata tutta la moderna ingegneria elettromagnetica.

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Linee di forza, effetto magneto-ottico e schermatura

Faraday fu il primo a portare in laboratorio l’idea concreta di “linee di forza” per visualizzare i campi elettrici e magnetici che circondano i corpi. Questo modo di pensare, intuitivo e potentissimo per i progettisti, fu la chiave per comprendere e costruire dispositivi elettromeccanici nel XIX secolo.

Nel 1845 scoprì due fenomeni cruciali: il diamagnetismo e quella che oggi chiamiamo rotazione magneto-ottica o effetto Faraday, cioè la deviazione del piano di polarizzazione della luce in un mezzo quando viene applicato un campo magnetico allineato alla direzione della propagazione. Nel suo taccuino annotò soddisfatto di essere riuscito a “illuminare una curva magnetica” e a “magnetizzare un raggio di luce”.

Un altro contributo pratico duraturo è la dimostrazione che la carica elettrica, in condizioni statiche, risiede esclusivamente sulla superficie esterna di un conduttore. L’effetto di schermatura che ne deriva è il principio della famosa gabbia di Faraday: ciò che accade elettricamente fuori non influenza l’interno.

Per Faraday, inoltre, l’elettricità era una sola: “un’unica elettricità” con manifestazioni diverse a seconda della quantità e della differenza di potenziale. Una visione unificatrice in contrasto con l’opinione del tempo che divideva in più tipi i fenomeni elettrici.

Pur non essendo un matematico di razza – le sue competenze formali non andavano molto oltre algebra e trigonometria – sapeva spiegare le idee con straordinaria chiarezza. Maxwell consolidò matematicamente le sue scoperte, fissando il quadro teorico che oggi studiamo in fisica.

Aneddoti, ambizioni e tentativi audaci

È rimasto famoso un siparietto con William Gladstone, all’epoca ministro delle finanze: dopo aver visto un dispositivo che generava corrente grazie a un campo magnetico variabile, chiese a Faraday a cosa servisse. La risposta fu disarmante: «Non lo so, ma sono certo che fra vent’anni ci metterete una tassa». Aveva visto lungo: di lì a poco gli inglesi avrebbero avuto una rete elettrica, con tutte le conseguenze economiche del caso.

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Spinto dall’idea dell’unità della natura – come Newton aveva unito i moti celesti e terrestri – Faraday tentò anche di collegare gravità ed elettromagnetismo. In laboratorio arrivò a far cadere pesi vicino a circuiti elettrici per capire se il moto gravitazionale potesse indurre una corrente, sulla falsariga del magnetismo: esperimenti ingegnosi ma infruttuosi, che mostrano la sua audacia e il suo desiderio di unificazione.

Opere, conferenze e testi fondamentali

Oltre agli articoli scientifici, l’attività divulgativa e didattica di Faraday fu intensa. Molti suoi testi e raccolte sono diventati classici per studenti e appassionati di scienza. Di seguito, una selezione rappresentativa delle opere citate nelle fonti:

  • Chemical Manipulation (edizione Milano, Giacomo Agnelli, 1829) – manuale pratico di chimica per il laboratorio.
  • Experimental Researches in Electricity – vol. 1 (1839), vol. 2 (1844), vol. 3 (1855): raccolte fondamentali sulle sue ricerche elettromagnetiche.
  • Experimental Researches in Chemistry and Physics (1859) – sintesi delle indagini in vari campi.
  • Chemical History of a Candle (1861) e A Course of Six Lectures on the Chemical History of a Candle (a cura di W. Crookes, 1861) – celebri lezioni popolari.
  • A Course of 6 lectures on the various forces of matter and their relations to each other (1861) – forze della natura messe a confronto.
  • Histoire d’une chandelle (1865) – versione francese delle lezioni sulla candela.
  • On the various forces of nature and their relations to each other (1874) – percorso divulgativo sulle forze naturali.
  • Letters of Faraday and Schoenbein (1899) – corrispondenza scientifica.
  • Diary (a cura di T. Martin, 8 voll., 1932–36) – diario di laboratorio e vita.
  • Liquefaction of gases (1935) – testo storico sulla liquefazione dei gas.

Vita, riconoscimenti e memoria

Nel 1848 il principe consorte Alberto assegnò a Faraday una casa di servizio a Hampton Court, nel Surrey: era stata l’abitazione del capitano Mason e divenne la “Faraday House” (oggi n. 37 di Hampton Court Road). Nel 1858 si ritirò proprio lì, concentrandosi su studio e divulgazione.

Durante la sua esistenza rifiutò il titolo di cavaliere, declinò per due volte la presidenza della Royal Society (nel 1857 John Tyndall gli propose formalmente la carica) e non volle contribuire alla produzione di armi chimiche durante la guerra di Crimea, per ragioni etiche.

Morì a Hampton Court il 25 agosto 1867. Una placca a Westminster Abbey lo ricorda vicino alla tomba di Isaac Newton, ma scelse di non essere sepolto lì, riposando invece nel cimitero di Highgate a Londra.

La sua figura è celebra­ta con una statua a Savoy Place, a Londra, di fronte all’Institution of Electrical Engineers. Alla Loughborough University gli è stata dedicata una sala con un bronzo che raffigura il simbolo del trasformatore e un ritratto; dal 1991 al 2001 il suo volto comparve sulla banconota da 20 sterline.

Tra gli onori ricevuti, spicca l’ammissione all’Ordine Pour le Mérite (classe di pace) nel 1842. Molto tempo dopo, la comunità scientifica gli ha reso omaggio anche nel linguaggio tecnico: l’unità di capacità elettrica, il farad, porta il suo nome.

Bibliografia biografica e studi su Faraday

La vita e le opere di Faraday hanno ispirato biografie e studi di grande qualità. Ecco alcuni titoli rilevanti citati nelle fonti:

  • John Tyndall, Faraday as a Discoverer (1868; 2ª ed. 1870).
  • Bence Jones, The Life and Letters of Faraday (2 voll., 1870).
  • J. H. Gladstone, Michael Faraday (1872).
  • S. P. Thompson, Michael Faraday; his Life and Work (1898).
  • Silvanus Thompson, Michael Faraday, His Life and Work (1901; rist. 2005).
  • Joseph Sweetman Ames (a cura di), The discovery of induced electric currents, vol. 2, con memorie di Faraday (c. 1900).
  • James Hamilton, Faraday: The Life (2002) e A Life of Discovery (2004).
  • John Meurig Thomas, Michael Faraday and the Royal Institution (1991).
  • Brian Kraus, My Summer Building a Faraday Cage (1983) – testimonianza moderna d’ispirazione faradiana.
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Citazioni celebri attribuite a Faraday

Senza indulgere in retorica, Faraday lasciò frasi che riassumono il suo approccio: laboriosità, chiarezza e fiducia nella verità della natura. Alcune massime, riformulate, rendono l’idea del suo stile di pensiero:

  • Nessuna verità è troppo bella per essere reale: vale sempre la pena cercarla.
  • Lavora, completa, pubblica: la disciplina prima della gloria.
  • L’importante è saper semplificare: vedere l’essenziale in ogni cosa.
  • Chi spiega al pubblico deve impegnare tutte le forze per dare piacere e istruzione.
  • La scienza non disdegna i piccoli inizi: nel minimo si cela il principio del grande.

Risorse utili e tracce d’archivio

Per chi desidera approfondire, sono disponibili molte risorse divulgative e accademiche, oltre a collezioni digitali di opere originali. Di seguito una panoramica delle principali segnalazioni presenti nelle fonti consultate:

  • Voci e dossier biografici: Treccani; sapere.it (De Agostini); Encyclopaedia Britannica (voce in inglese, di L. Pearce Williams); MacTutor (University of St Andrews); Mathematics Genealogy Project; Accademia delle Scienze di Torino.
  • Biblioteche e archivi digitali: MLOL; Open Library (Internet Archive) – opere di e su Faraday; LibriVox – audiolibri; Everyman edition (1914) di Experimental Researches in Electricity con introduzione di John Tyndall; Project Gutenberg per Faraday as a Discoverer.
  • Istituzioni e profili: The Royal Institution of Great Britain (biografia); IET/The IEE (biografia ufficiale); ASA – The Christian Character of Michael Faraday; pagina informativa sulla banconota da 20 sterline con Faraday; podcast video su benzene e lavori da Faraday in poi.
  • Pagine su progetti Wikimedia: Wikisource (in italiano e in inglese) con testi collegati; Wikiquote per le citazioni; Wikimedia Commons con immagini e materiali su Michael Faraday.

Per la tracciabilità d’autore, sono indicati i principali identificativi di autorità: VIAF 38158158; ISNI 0000 0001 2278 4641; SBN RAVV062480; CERL cnp01428099; LCCN n50009174; GND 118531921; BNE XX1039322; BNF cb12349936f; J9U 987007260919805171; NSK 000083896; NDL 00439208; CONOR.SI 11291747.

Cosa, in concreto, ha inventato e reso possibile

Se dobbiamo condensare in poche righe l’impronta pratica di Faraday, possiamo dire che ha trasformato l’elettricità da curiosità da salotto a infrastruttura. Il motore elettromagnetico (1821) e la dinamo/generatore (1831) sono i pilastri tecnici che collegano la sua ricerca alla rivoluzione industriale elettrica.

Ma le “cose” che Faraday ha inventato, scoperto o reso operative vanno ben oltre: leggi dell’elettrolisi, concetti e termini che usiamo quotidianamente in laboratorio, la gabbia di Faraday che protegge strumenti e ambienti, l’effetto Faraday che lega luce e magnetismo, e una serie di metodi sperimentali che hanno fissato lo standard della ricerca. In chimica, benzene, cloruri del carbonio, liquefazione di gas, numeri di ossidazione, clatrati idrati.

In definitiva, il suo contributo è duplice: ha creato dispositivi funzionanti e ha introdotto idee (linee di forza, unificazione dei fenomeni elettrici) che hanno orientato la fisica dei campi e l’ingegneria per generazioni. Molti scienziati – non a caso – lo considerano uno dei massimi sperimentatori di sempre e uno degli inventori più famosi della storia.

Sul piano umano, rimane l’immagine di un uomo schivo, religioso e rigoroso, capace di rifiutare onori e cariche – fino al titolo di cavaliere – pur di mantenere la libertà di cercare. La sua capacità di comunicare con chiarezza lo rese anche un divulgatore eccezionale: le sue lezioni alla Royal Institution, come la storia chimica della candela, restano un modello di semplicità e profondità.

Tra laboratori affollati, strumenti improvvisati e teorie in divenire, Faraday non cercava la fama: cercava la verità sperimentale. Fu proprio quella tenacia metodica a fargli scoprire i principi che oggi muovono il mondo, letteralmente e metaforicamente.

Guardando alla sua eredità complessiva – invenzioni, concetti, opere e scelte etiche – emerge una figura che, partendo dalle rilegature di una libreria, ha cucito insieme chimica, elettricità, magnetismo e luce. E il filo conduttore, ieri come oggi, è l’esperimento ben fatto.