Principais fontes de dióxido de enxofre: fonti, effetti, leggi e monitoraggio

Última actualización: novembro 18, 2025
  • Le fonti principali di SO₂ sono combustioni con zolfo, processi industriali e traffico marittimo; i vulcani contribuiscono in modo naturale.
  • Effetti chiave: salute respiratoria compromessa, piogge acide e formazione di solfati (PM fine) con azioni sinergiche con altri inquinanti.
  • Quadro normativo: CONAMA 506/2024 (IQAr e standard), 382/2006 e 436/2011 (emissioni), Decreto-Lei 102/2010 (Portogallo).

Fonti di SO2 e impatti

Il dióxido de enxofre, o se preferisci SO2, è un gas incolore dall’odore pungente che, pur essendo naturalmente presente in atmosfera, deriva in larga misura da attività umane; tra queste spiccano la combustione di combustibili contenenti zolfo e diversi processi industriali. Nonostante il suo aspetto innocuo, parliamo di un inquinante tossico, non infiammabile e altamente solubile in acqua, capace di incidere sulla salute respiratoria, di favorire la formazione di particolato secondario e di contribuire alla pioggia acida.

Capire da dove proviene, come si comporta e in che modo viene regolato è fondamentale per cittadini, imprese e decisori pubblici. In questa guida completa, mettiamo in fila fonti, proprietà, applicazioni, effetti sanitari ed ambientali, oltre a un quadro aggiornato delle norme brasiliane (CONAMA) e del quadro normativo portoghese che disciplinano sia la qualità dell’aria sia le emissioni di sorgenti fisse, con un occhio al monitoraggio e agli strumenti pratici per ridurre i rischi.

Che cos’è il SO₂ e perché conta

Il SO2 è un ossido di zolfo appartenente alla famiglia dei SOx (somma di SO2 e SO3, in genere espressa come SO2), prodotto soprattutto dalla combustione di combustibili fossili con tenore di zolfo (olio combustibile, carbone, diesel) e da processi termici o chimici industriali come raffinerie, metallurgia, carta e cellulosa, cemento e fertilizzanti. In atmosfera reagisce con ossigeno e vapore acqueo formando acido solforico e solfati, determinando deposizione acida e particelle fini che peggiorano la qualità dell’aria.

Va ricordato che esistono sorgenti naturali, in particolare i vulcani, che in occasione di eruzioni o degassamenti rilasciano grandi quantità di SO2. Tuttavia, nelle aree urbanizzate e industriali il contributo prevalente è antropico: la combinazione di emissioni puntuali (camini) e diffuse (traffico, impianti di combustione) rende strategico integrare il monitoraggio delle emissioni con quello della qualità dell’aria.

Proprietà fisiche, struttura e comportamento

Dal punto di vista fisico-chimico, il dióxido de enxofre è un gas incolore, non infiammabile, volatile e tossico (vedi ossido di zolfo: formula e proprietà). È ben solubile in acqua e presenta una densità intorno a 2,6–2,7 kg/m³, cioè poco più del doppio dell’aria atmosferica. Il suo punto di fusione è circa tra −75,5 °C e −72 °C, mentre bolle a circa −10 °C, il che spiega perché si presenti come gas nelle normali condizioni ambientali.

A livello molecolare, la formula è SO2: due atomi di ossigeno legati a un atomo di zolfo con doppi legami, in una geometria angolare che conferisce polarità e contribuisce all’elevata solubilità in acqua. Questa reattività è cruciale per comprendere la sua trasformazione in atmosfera e le conseguenze ambientali.

Origine: naturale e antropica

La formazione naturale del SO2 è legata soprattutto all’attività vulcanica, ma anche a processi come la decomposizione di biomassa o l’ossidazione del solfuro di idrogeno. Una reazione tipica è: 2 H2S (g) + 3 O2 (g) → 2 SO2 (g) + 2 H2O (g), che illustra come dall’H2S si possa generare SO2 in presenza di ossigeno atmosferico.

Le origini antropiche includono la combustione di zolfo elementare o di pirite di ferro (FeS2), nonché tutte le attività che utilizzano combustibili con zolfo: centrali termoelettriche, caldaie industriali, impianti di processo, trasporto marittimo e alcuni motori pesanti. Nei trasporti terrestri, la riduzione progressiva del tenore di zolfo nei carburanti imposta dalle normative ha già portato in molti Paesi a cali significativi delle concentrazioni di SO2 in aria ambiente.

Applicazioni industriali e usi

L’uso più rilevante del dióxido de enxofre è come materia prima per produrre acido solforico (H2SO4), tra le sostanze chimiche più prodotte a livello globale. In aggiunta, il SO2 trova impiego come agente sbiancante e disinfettante, nella conservazione di alimenti e vini (inibendo la crescita di lieviti e batteri), come gas refrigerante in specifiche filiere e nella fabbricazione della carta solfito. Alcune pratiche industriali riportano anche il suo utilizzo come coadiuvante nelle colture di soia, sebbene richiedano un attento controllo per ragioni di sicurezza e qualità.

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In settori come la metalurgia o la raffinazione del petrolio, il SO2 può comparire come sottoprodotto e viene gestito con tecnologie di purificazione dei gas. Anche la fumigazione e la purificazione dei derivati petroliferi possono contemplare l’impiego di SO2, sempre entro limiti rigorosi e con misure di sicurezza.

Fonti emissive principali

Se guardiamo alle sorgenti che più contribuiscono al rilascio di SO2 nell’atmosfera, troviamo in prima linea le centrali termoelettriche e le caldaie industriali che bruciano olio combustibile, carbone o altri combustibili contenenti zolfo. Importante è anche il comparto raffinerie/petrolchimica, dove combustioni di gas di processo e residui possono emettere SOx.

Altre attività rilevanti sono siderurgia e fonderie (riduzione di minerali con zolfo), la produzione di carta e cellulosa, cementifici e fertilizzanti. Nel settore dei trasporti, il traffico marittimo è un contributore chiave quando impiega combustibili con contenuto di zolfo più elevato, mentre nei centri urbani il riscaldamento domestico a legna o carbone, in climi freddi, può innalzare le concentrazioni invernali.

La parte naturale, come ricordato, è dominata dalle eruzioni vulcaniche. Questa coesistenza di fonti naturali e antropiche rende dinamico il bilancio del SO2 nell’aria, e impone strategie di controllo su più fronti (combustibili più puliti, tecnologie di abbattimento, pianificazione urbana e dei trasporti).

SO₂, atmosfera e piogge acide

Una volta emesso, il SO2 si scioglie facilmente nelle goccioline d’acqua sospese nell’aria, formando acido solforoso (H2SO3) secondo la reazione: 2 SO2 (g) + 2 H2O (l) → H2SO3 (aq). A sua volta, questo può ossidarsi a acido solforico (H2SO4), uno dei protagonisti della pioggia acida, insieme all’acido nitrico. Il processo forma acido solforico e solfati, parte del ciclo del zolfo, che altera il pH di suoli, fiumi e laghi, danneggia la vegetazione (riducendo la fotosintesi e degradando la clorofilla) e accelera la corrosione di monumenti e infrastrutture.

In un’atmosfera “pulita”, la pioggia naturale ha pH attorno a 5,6 per la presenza di CO2 che genera acido carbonico; quando aumentano gli ossidi di zolfo e azoto, il pH scende ulteriormente, intensificando gli effetti sull’ecosistema e sulla qualità dei materiali esposti.

Impatto sulla salute umana

Gli effetti sanitari del SO2 sono documentati: esposizioni di breve durata (da minuti a ore) possono causare irritazione delle vie aeree, tosse, broncocostrizione e peggiorare gli attacchi d’asma, con maggiore suscettibilità in bambini, anziani e persone con patologie respiratorie. Nel lungo periodo, il contributo alla formazione di particolato fine (solfati) è associato a aumento di malattie respiratorie e cardiovascolari.

In ambito occupazionale, il contatto con SO2 in forma liquida o vapore può provocare irritazioni oculari e cutanee; l’inalazione può scatenare crisi respiratorie e problemi cardiaci. Sono riportati sintomi come vomito, ansia, confusione, edema della glottide. Il contatto con gli occhi può causare congiuntivite chimica e lesioni corneali, mentre l’ingestione può indurre dolori addominali, ulcerazioni gengivali ed erosioni dentarie. Esposizioni prolungate sono collegate a bronchite cronica, broncopolmonite chimica, alterazioni dell’olfatto e declino delle funzioni polmonari.

Qualità dell’aria: indicatori e valori

In molte aree, la concentrazione media giornaliera di SO2 può aggirarsi sui 125 µg/m³, ma con ampie variazioni in base a industrializzazione, gestione dei rifiuti e abitudini di riscaldamento domestico. In Brasile, una storica soglia di riferimento (Resolução CONAMA n° 003/1990) fissava per campionamenti su 24 ore un limite di 365 µg/m³, da non superare più di una volta l’anno, per contenere i rischi sanitari.

Il quadro attuale è guidato dalla Resolução CONAMA n° 506/2024, che ha sostituito la 491/2018 e istituisce standard nazionali per vari inquinanti (MP10, MP2,5, SO2, NO2, O3, CO, PTS, fumo e Pb) con valori progressivamente più restrittivi (fasi PI-1 a PI-4 fino al PF, “padrão final”). La stessa norma definisce l’Indice di Qualità dell’Aria (IQAr) nazionale: a titolo esemplificativo, per il SO2 una concentrazione su 24 ore compresa tra 0 e 40 µg/m³ ricade nella categoria “Buona” per l’IQAr.

Gli operatori di reti di monitoraggio (enti statali e aziende) devono adottare metodi di riferimento o equivalenti, elaborare medie orarie, giornaliere e annuali, e verificare il rispetto degli standard vigenti nella regione. Stati come San Paolo già convergono verso valori prossimi alle linee guida OMS, segnalando un irrigidimento graduale delle soglie.

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A livello locale, alcuni enti indicano criteri specifici: in Goiás, ad esempio, si riportano per gli ossidi di zolfo una media annuale ammissibile di 60 µg/m³ e un massimo giornaliero di 200 µg/m³, a testimonianza di come le scelte possano variare su base statale, pur nel quadro generale nazionale.

Normativa su emissioni da camini (Brasile)

Le emissioni da sorgenti fisse sono disciplinate soprattutto dalle Resoluções CONAMA n° 382/2006 (per impianti con Licenza d’Installazione post-2007) e n° 436/2011 (per impianti anteriori). In tali normative, SOx è definito come somma di SO2 e SO3 espressa come SO2, e le concentrazioni vanno riportate in mg/Nm³, in base secca, a CNTP, con eventuale correzione dell’ossigeno di riferimento specificata per ciascun tipo di fonte.

Il rispetto dei limiti può essere verificato con monitoraggi discontinui (campagne isocinetiche con analisi in laboratorio secondo standard ABNT, EPA, ecc.) o con monitoraggio continuo delle emissioni (CEMS), che richiede criteri minimi di disponibilità, validazione dei dati e gestione delle condizioni transitorie. Ad esempio, per processi di generazione di calore con combustione esterna di olio combustibile, l’Allegato I della 382/2006 indica i seguenti limiti massimi di SOx (come SO2): potenza termica nominale < 10 MW: 2.700 mg/Nm³; tra 10 e 70 MW: 2.700 mg/Nm³; pari o superiori a 70 MW: 1.800 mg/Nm³.

Questi valori mettono in luce come le unità più grandi siano di solito tenute a operare con controlli più efficienti (ad esempio desolforazione dei fumi, scelta di combustibili a basso tenore di zolfo, ottimizzazioni di processo).

Quadro regolatorio in Portogallo

In Portogallo, la concentrazione di SO2 nell’aria ambiente è oggetto di regolazione e controllo in ottemperanza alla normativa comunitaria; il riferimento è il Decreto-Lei n.º 102/2010, che stabilisce la cornice per la qualità dell’aria, il monitoraggio e gli obblighi di gestione. Sono previsti strumenti legali e complementari per ridurre sia le concentrazioni al suolo sia le emissioni, tra cui valori limite alle sorgenti (es. processi di combustione in ambito industriale) e limiti al contenuto di zolfo nei combustibili usati nell’industria, nei veicoli stradali e nel trasporto marittimo.

Degno di nota è che, grazie all’abbattimento del tenore di zolfo nei carburanti stradali imposta per legge, in molte aree urbane europee si è assistito a un calo marcato del SO2 in aria, mentre i traffici navali rimangono un punto critico da gestire con standard dedicati ai bunker fuel.

Perché monitorare qualità dell’aria ed emissioni insieme

Per gli impianti soggetti ad autorizzazioni ambientali, seguire solo il camino o solo l’aria ambiente non basta. Un approccio combinato consente di dimostrare contestualmente il rispetto degli standard di qualità dell’aria (CONAMA 506/2024) e dei limiti emissivi (CONAMA 382/2006 e 436/2011), valutare l’impatto reale sul territorio, pianificare gli investimenti in tecnologie di abbattimento e alimentare modelli di dispersione con dati solidi e trasparenti.

Dal punto di vista comunicativo, includere il SO2 tra i parametri dell’IQAr nazionale rafforza l’esigenza di dati continuativi e pubblici, utili sia per le decisioni tecniche sia per informare i cittadini su eventuali criticità.

Come si monitora il SO₂

Per la qualità dell’aria ambiente, si impiegano analizzatori basati su metodi di riferimento o equivalenti installati in stazioni fisse; i sistemi di acquisizione calcolano medie su diverse finestre temporali (oraria, giornaliera, annuale), verificano la conformità ai valori normativi e alimentano l’IQAr. L’integrazione con altri parametri (MP10, MP2,5, NO2, O3, CO, PTS, fumo, Pb) consente una visione di insieme.

Sulle emissioni in camino, la scelta è tra campagne discontinue (isocinetiche) e monitoraggio continuo (CEMS). I risultati vanno espressi in mg/Nm³, base secca, CNTP, e ove previsto corretti per l’ossigeno di riferimento. La conformità richiede il rispetto dei protocolli di qualità dei dati e dei periodi minimi di disponibilità.

Sicurezza sul lavoro e rilevazione di fughe

Nelle aree industriali dove il SO2 può essere presente, il monitoraggio di sicurezza è fondamentale per prevenire esposizioni acute. Soluzioni fisse come, ad esempio, la famiglia di rivelatori tipo Xgard, possono essere installate in punti strategici e collegate a un pannello di supervisione per visualizzare le concentrazioni in tempo reale, attivando allarmi quando necessario.

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In parallelo, strumenti portatili e robusti come i dispositivi della linea Gas-Pro sono progettati per ambienti gravosi e impieghi giornalieri, inclusi gli spazi confinati, e offrono resistenza a urti, acqua e polvere. Queste tecnologie, se mantenute e tarate correttamente, riducono in modo concreto il rischio per i lavoratori in caso di perdite improvvise.

Esercizi e casi studio (in stile esame)

Prova 1 (UDESC, adattata): La pioggia acida è una precipitazione più acida di quella naturale (pH ~5,6). Valuta le affermazioni: I) la combustione di combustibili fossili incrementa l’emissione di SO2 e quindi le piogge acide; II) gli acidi predominanti nella pioggia acida sono solforico e nitrico; la formazione dell’acido solforico può avvenire per ossidazione del SO2 a SO3, che reagisce con l’acqua; III) in atmosfera pulita, il pH della pioggia è ~5,6 per la dissoluzione della CO2 (acido carbonico). Risposta corretta: tutte le affermazioni sono vere; la I per l’effetto della combustione, la II per il meccanismo di formazione e la III per il ruolo della CO2 nel determinare il pH naturale.

Prova 2 (UFRN, adattata): Attorno a un’area mineraria, la vegetazione è bassa nonostante la polvere venga lavata via dalla pioggia. Un inquinante associato a macchine con motori a derivati del petrolio potrebbe spiegare il fenomeno. Quale? Opzioni: a) CO2; b) SO2; c) ossido di mercurio; d) ossido di ferro. Risposta: b) SO2, che può provocare danni ai tessuti vegetali, deformazioni e riduzione della crescita, coerenti con la copertura vegetale osservata.

Interazioni con altri inquinanti e particolato secondario

Il SO2 non agisce mai “da solo”: in presenza di ossidi di azoto e altre specie reattive, partecipa a complesse reazioni atmosferiche che portano alla formazione di particelle secondarie (sulfati). Queste PM sottili penetrano in profondità nel sistema respiratorio, amplificando gli effetti avversi e generando sinergie con patologie preesistenti.

Per questo motivo, le strategie di controllo più efficaci affrontano simultaneamente più inquinanti: SO2, NOx, PM, oltre a ozono e CO, con piani integrati di qualità dell’aria, misure su combustibili e processi, e un monitoraggio che tenga conto delle correlazioni chimico-fisiche in atmosfera.

Pratiche di riduzione e controllo

Le leve principali includono: selezione di combustibili a basso contenuto di zolfo, installazione di sistemi di desolforazione dei fumi (ad esempio scrubber), ottimizzazione della combustione, manutenzione degli impianti e gestione accurata delle condizioni operative. Nel settore marittimo, l’adozione di carburanti conformi agli standard sul tenore di zolfo e l’uso di scrubber navali stanno progressivamente riducendo il contributo del trasporto alle concentrazioni di SO2.

Nelle città fredde, la promozione di sistemi di riscaldamento più puliti e l’efficienza energetica domestica aiutano a contenere i picchi stagionali. L’insieme di queste azioni, se coordinato con una rete di monitoraggio efficiente, consente di misurare i benefici e indirizzare gli interventi dove servono.

Note sulla misura e sulla comunicazione dei dati

Chi misura SO2 deve attenersi a standard metrologici chiari: esprimere risultati per le emissioni in mg/Nm³ a base secca, indicare le condizioni CNTP e le correzioni per l’ossigeno di riferimento, e rispettare i requisiti di qualità e disponibilità del dato. Sul fronte ambientale, l’uso di medie temporali paragonabili agli standard e la trasparenza nel calcolo dell’IQAr sono elementi decisivi per una buona governance dell’aria.

Non è un dettaglio da poco: dati robusti consentono modelli di dispersione attendibili, studi d’impatto seri e una comunicazione al pubblico basata su evidenze, riducendo incertezze e facilitando scelte informate.

Guardando a quanto visto, emerge un quadro chiaro: le principali fonti di SO2 sono legate a combustione e processi industriali, con contributi naturali variabili; le proprietà chimiche spiegano piogge acide e particolato secondario; gli effetti sanitari sono concreti e documentati; le norme in Brasile (CONAMA 506/2024, 382/2006, 436/2011, 003/1990) e in Portogallo (Decreto-Lei 102/2010) delineano criteri e limiti; il monitoraggio, dagli analizzatori ambientali ai CEMS e ai rivelatori di sicurezza, è lo strumento chiave per prevenzione e controllo.

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