I misteriosi nuraghi di Sardegna: storia, architettura e visite

Última actualización: outubro 27, 2025
  • I nuraghi, torri megalitiche uniche al mondo, nacquero tra Bronzo Medio e Primo Ferro con funzione soprattutto residenziale e difensiva.
  • L’architettura passò dai protonuraghi ai tholos, con tecniche avanzate (doppio paramento, corbeling) e una rete insediativa diffusa.
  • Distribuzione capillare (oltre 6.500 censiti), densità record in alcuni comuni e possibili allineamenti astronomici in siti emblematici.

Nuraghi in Sardegna

In tutta la Sardegna, fra colline, coste e altipiani, spuntano i resti di migliaia di torri di pietra che sembrano nate dalla roccia stessa: sono i nuraghi, un patrimonio unico che racconta una storia lunga millenni. Queste costruzioni ciclopiche, con torri troncoconiche singole o in complessi sistemi fortificati, sono considerate il simbolo identitario dell’Isola e continuano a incuriosire studiosi e viaggiatori per la loro funzione e la loro sorprendente ingegneria.

Gli archeologi concordano sempre più sull’idea che furono le comunità sarde dell’Età dei Metalli a concepirle, in un arco cronologico che va dal Bronzo Medio fino al Primo Ferro. L’evoluzione dalla società neolitica a organizzazioni complesse, capaci di coordinare grandi opere collettive, spiega la nascita di un’architettura tanto ambiziosa quanto radicata nel territorio, con una rete di siti distribuiti in modo capillare in tutta l’isola.

Cosa sono i nuraghi e perché affascinano ancora oggi

Chiunque ne abbia visto uno dal vivo difficilmente lo dimentica: si tratta di edifici megalitici in pietra a secco, alti e possenti, dal profilo troncoconico, spesso organizzati in insiemi con torri laterali e cortine murarie. La loro unicità sta sia nella forma sia nella diffusione: in Sardegna si stimano circa 7.000 esemplari, con oltre 6.500 censiti ufficialmente.

Sull’etimologia del termine “nuraghe” sono state proposte letture diverse. Gli studi linguistici hanno messo in relazione il vocabolo con “nur” (ammasso di pietre o cavità), ma anche con la radice orientale “nur” nel senso di luce o fuoco, rimando simbolico al focolare e all’abitare. Oggi prevale l’interpretazione di “torre di pietra” o “struttura muraria”, senza escludere il forte valore culturale che il nome porta con sé.

Se in passato non sono mancate ipotesi fantasiose – tombe monumentali o templi per un culto esclusivo – le ricerche dell’ultimo secolo sostengono un utilizzo principalmente residenziale e difensivo, con capacità di controllo del territorio e funzioni di rappresentanza del potere tribale. Alcuni edifici, in fasi successive, furono adattati a pratiche cultuali.

Un altro equivoco chiarito dagli specialisti riguarda le influenze esterne. Pur presentando affinità superficiali con i thóloi micenei, i nuraghi si differenziano nettamente: non sono ipogei, sono interamente in pietra a secco e risultano spesso più antichi delle grandi tombe egee. La loro è un’invenzione locale, sviluppata in Sardegna e calibrata sulle specificità del paesaggio.

Architettura dei nuraghi

Origini storiche e sviluppo sociale

Dalla fine del Neolitico alla piena Età dei Metalli, le comunità sarde attraversarono trasformazioni profonde. Tra l’Età del Rame e soprattutto nel Bronzo (II millennio a.C.) si consolidarono strutture sociali capaci di mobilitare risorse umane ed economiche su larga scala, condizione indispensabile per costruire i nuraghi.

Le prime grandi torri compaiono nel Bronzo Medio, attorno al 1600 a.C., con i cosiddetti protonuraghi. Questi edifici massicci, alti mediamente una decina di metri, presentavano ambienti con volte piane, corridoi stretti e un’organizzazione interna meno regolare; in sommità poteva esserci una terrazza che accoglieva leggere strutture lignee, di cui restano tracce.

Con il Bronzo Recente e Finale (ca. 1400–950 a.C.) si afferma il modello del nuraghe “classico” o a tholos. La vera innovazione risiede nella copertura per progressiva aggettatura (corbeling), che genera camere interne a falsa cupola, ampie e stabili senza l’uso di travature orizzontali. Il diametro delle torri tende a ridursi, la verticalità aumenta e la resa formale si fa più elegante.

Relacionado:  Manifestações artísticas: características e tipos

L’interpretazione del loro ruolo, come spesso accade nell’archeologia preistorica, non è univoca. Tuttavia, il quadro complessivo parla di residenze del potere, fortificazioni, presidi di controllo e – in fasi successive – anche spazi connessi a pratiche religiose. La diversità d’impianto riflette esigenze territoriali differenti, dall’interno montuoso alle coste.

Architettura e tecniche costruttive

Protonuraghi e nuraghi a tholos condividono una tecnica di base: murature a secco costituite da grandi e medi blocchi accuratamente disposti, con pietrame minuto a riempimento degli interstizi per aumentare stabilità e coesione. Nel Bronzo avanzato si perfeziona il doppio paramento, due cortine parallele che racchiudono un nucleo interno di pietre più piccole.

Nonostante l’assenza di malta legante, è verosimile l’uso, in alcune fasi, di argilla come rinzaffo e di materiali isolanti quali sughero o legno per rifinire superfici interne. Sono stati persino riutilizzati antichi menhir come elementi strutturali, segno di continuità e reinterpretazione dei simboli megalitici precedenti.

La messa in opera richiese soluzioni ingegnose. I blocchi venivano spostati su rulli lignei, sollevati tramite rampe e terrapieni, quindi posati in filari che aggettavano verso l’interno, stringendo gradualmente il diametro fino alla chiusura in sommità con una lastra. La precisione aumenta salendo, dove le tolleranze dovevano essere minime.

La pianta circolare veniva tracciata sin dall’inizio; gli archeologi ipotizzano l’uso di un compasso di legno o metallo per definire geometrie e allineamenti, con previsione anticipata di scale, nicchie e camere secondarie. Le scale elicoidali venivano ricavate nello spessore dei muri, collegando piani multipli.

Sul piano dimensionale, i numeri impressionano. Alcuni nuraghi semplici conservano altezze ragguardevoli: Santu Antine supera ancora oggi i 17,55 metri, mentre per Arrubiu si ipotizza un’altezza originaria prossima ai 27 metri. Le camere a tholos possono raggiungere circa 12 metri in altezza e 7 di diametro, come nel nuraghe di Santa Barbara.

Tipologie, funzioni e integrazione nel paesaggio

I nuraghi si distinguono in “semplici” – una sola torre – e “complessi” – una torre centrale (mastio) affiancata da più torri collegate da robusti bastioni. L’articolazione in impianti bilobati, trilobati o pentalobati indica un’evoluzione organizzativa e una crescente gerarchizzazione del territorio.

La funzione operativa varia al variare del contesto. I tholos più essenziali, spesso su alture povere di risorse, sembrano aver agito come torri di vedetta integrate in sistemi di controllo più ampi. Al contrario, i complessi maggiori sorgono presso sorgenti o aree agricole di pregio, probabilmente sedi dei capi e dei loro gruppi.

I nuraghi non sono monadi: si inseriscono in una rete con centri principali e siti minori in rapporto di dipendenza. Sulle coste controllano gli approdi e le rotte, all’interno presidiano pascoli, vie di fondovalle, alture strategiche per la visibilità reciproca.

Attorno a molte torri si svilupparono villaggi con capanne in pietra (più raramente in crudo). Nelle prime fasi prevalgono ambienti unici, mentre dall’Età del Ferro le case si compartimentano in più settori, testimonianza di mutamenti sociali ed economici.

L’arco di vita della cultura nuragica supera il millennio, un tempo sufficiente per significative oscillazioni demografiche e spostamenti. Le aree impoverite furono progressivamente abbandonate a vantaggio di territori più favorevoli, e la stessa funzione dei nuraghi poté cambiare nel tempo; dal X secolo a.C. circa, alcuni furono riconfigurati per attività cultuali.

Distribuzione, densità e scelte insediative

La capillarità dei nuraghi è impressionante: la loro presenza è attestata in quasi tutta l’Isola, con concentrazioni più elevate nel nord e nel centro-occidente. Il censimento più aggiornato supera i 6.500 siti, ma la cifra reale – considerando crolli e obliterazioni – potrebbe avvicinarsi ai 7.000.

Relacionado:  O que é a linha alexandrina?

Alcuni comuni fanno registrare numeri notevoli: Sassari, Ozieri e Chiaramonti superano ciascuno le cento strutture. In termini di densità spicca Bonarcado con 1,72 nuraghi/km², seguito da Aidomaggiore (1,55) e Boroneddu (1,35). Zone come il Gennargentu, il Campidano e parte della costa orientale mostrano invece valori più bassi.

La scelta del sito non è casuale. Molti nuraghi sorgono su colline tra i 200 e i 400 metri s.l.m., in prossimità di acqua: spesso a meno di 300 metri da sorgenti o corsi d’acqua. L’altura garantiva visuale e difendibilità, la risorsa idrica sostentamento e continuità d’uso.

Astronomia, orientamenti e valore simbolico

La monumentalità dei nuraghi non è solo “tecnica”, ma anche simbolica. Numerosi studi di archeoastronomia hanno evidenziato possibili allineamenti con fenomeni celesti, in particolare solstizi e cicli lunari, forse connessi a calendari agricoli e rituali.

Fra i casi discussi in letteratura spiccano l’orientamento del nuraghe Santu Antine in rapporto al solstizio d’inverno e le verifiche su allineamenti solari al nuraghe Santa Barbara e lunari in siti come S’Orku o Palmavera. L’ipotesi è che alcuni nuraghi abbiano funzionato anche come “osservatori sacri”, cucendo il cielo alla terra in una chiave simbolica oltre che pratica.

Itinerario: i nuraghi da non perdere (con info utili)

Nuraghe Losa (Abbasanta)

Sulla SS 131 Carlo Felice, poco fuori Abbasanta (OR), il Nuraghe Losa sorprende per la forma compatta e per lo stato di conservazione eccellente. Il nome “su nurache ‘e sas losas” richiama urne funerarie romane rinvenute all’esterno, e il villaggio ebbe frequentazione fino al Medioevo.

Durante la visita si notano mensole oggi a livello del suolo che originariamente erano poste in alto; dalla terrazza, raggiungibile tramite la scala interna, la vista sull’antemurale è spettacolare. Il sito è “abitato” da pipistrelli, ragni, taccole e lucertole: un microcosmo vivo, specialmente suggestivo ai solstizi.

  • Visite guidate: disponibili dalle 09:00 fino a un’ora prima del tramonto (facoltative).
  • Biglietto: 6 €.
  • Cani: ammessi con guinzaglio.

Nuraghe Arrubiu (Orroli)

In località Su Pranu, Orroli (SU), sorge il “Gigante Rosso”, il complesso nuragico più imponente della Sardegna, così chiamato per il basalto con licheni rossastri che ne colorano le pareti.

Arrubiu conta ben 22 torreoni. L’ingresso guarda a sud-est, il lato opposto al maestrale: una scelta pratica per riparare il presidio dal vento dominante. Abbandonato nel IX secolo a.C., fu poi riadattato in età romana (II secolo a.C.).

  • Biglietto: 5 € con visita guidata inclusa.
  • Apertura: tutti i giorni, dalle 09:30 al tramonto.

Nuraghe Piscu (Suelli)

Su una collina alle porte di Suelli (SS 128 Centrale Sarda), il sito regala panorami eccezionali su vallate e prati che in primavera esplodono di colori. Passeggiare sulle mura difensive e all’interno delle varie camere è un’esperienza immersiva; è presente anche un pozzo.

Il nuraghe non è sorvegliato e l’accesso è libero; nonostante ciò, le strutture risultano in condizioni discrete, ideali per una visita in autonomia e in tutta calma.

Su Nuraxi (Barumini)

Viale Su Nuraxi, Barumini (SU): il complesso nuragico più celebre, Patrimonio UNESCO, è un intricato mosaico di cisterne, vicoli e capanne attorno al mastio centrale, una vera “cittadella” preistorica.

  • Orari: tutti i giorni, 09:00–16:00 in inverno, fino alle 19:00 in estate; visita solo con guida.
  • Biglietto: 15 €, include anche Museo Zapata e Centro Giovanni Lilliu.
  • Partenze: ogni 30 minuti, durata circa 1 ora.

Nuraghe Genna Maria (Villanovaforru)

A un chilometro da Villanovaforru (SU), in posizione dominante a circa 400 metri s.l.m., il nuraghe Genna Maria offre un colpo d’occhio che, nelle giornate terse, spazia su 53 paesi e arriva fino al Golfo di Cagliari, al Golfo di Oristano, alla Giara di Gesturi e alle montagne del Gennargentu.

Relacionado:  Maximilian of Habsburg: biografia

Tra il 1000 a.C. circa e le fasi successive, si sviluppò un abitato interno ed esterno, costruito con la stessa pietra del nuraghe. Un incendio ne causò l’abbandono; in età romana il sito fu riutilizzato come santuario. Gli scavi hanno restituito ciotole da cucina, macine e ossa animali; curiosi anche i bacili circolari per uso alimentare e il pozzo “frigorifero”.

  • Visite guidate: ore 10:00–12:00 e 16:00–18:00, ogni ora.
  • Biglietto: 4 € (ridotto 3 €).

Nuraghe e Pozzo Sacro di Santa Cristina (Paulilatino)

In località Santa Cristina (Paulilatino, OR) si trova il celebre pozzo sacro, tra i luoghi più enigmatici dell’Isola, all’interno di un parco archeologico che include anche un nuraghe particolarmente suggestivo al tramonto.

  • Apertura: tutto l’anno, dalle 08:30 al tramonto.
  • Biglietto: 5 €, in biglietteria.

Altri siti notevoli completano l’itinerario: nuraghe e chiesa di Santa Sabina (Silanus), nuraghe Santu Antine (Torralba), complesso di Palmavera (Alghero), nuraghe Noddule e nuraghe Dronnoro. Ognuno racconta un volto diverso del mondo nuragico, tra architetture, paesaggi e microstorie locali.

Esperienze nel cuore dell’Isola

Se vuoi assaporare un’aria più selvaggia, tra i laghi Flumendosa, Mulargia e San Sebastiano si snoda un itinerario di circa 80 km, percorribile in poco più di 2 ore d’auto, immerso in paesaggi incontaminati e testimonianze prenuragiche e nuragiche.

È un percorso che invita a rallentare: si può salire sui vagoni storici del Trenino Verde o navigare su battelli “in stile Mississippi”, un modo poetico per osservare sponde, foreste e profili di torri antiche da prospettive insolite. Per la logistica dei tratti e le strade secondarie, conviene consultare una mappa aggiornata.

Dal “protontipo” alla “cattedrale” di pietra: esempi e confronti

Nel passaggio dai protonuraghi ai tholos cresce non solo la qualità costruttiva, ma anche l’ambizione simbolica. I protonuraghi mostrano murature meno regolari, camere piccole e coperture piane, con terrazze che potevano ospitare strutture lignee. L’immagine è quella di una prima “fortezza” sperimentale.

Con i tholos, l’impianto diventa più verticale e ritualizzato. Torri singole e complessi multitorre nascono sia da aggiunte successive sia da progetti unitari fin dall’origine. In alcuni siti si riconoscono fasi costruttive distinte, in altri la mano di un’unica “officina” progettuale.

Il confronto con l’area egea resta affascinante ma fuorviante se portato troppo oltre. Le tombe micenee sono ipogeiche, ricoperte da tumuli, e rispondono a esigenze funerarie; i nuraghi, invece, sono emergenze in pietra a secco, pensate per abitare, difendere, gestire risorse e – talvolta – sacralizzare luoghi. La rassomiglianza è solo formale.

L’ultimo tassello è il rapporto con gli insediamenti circostanti. Le capanne che crescono intorno a molte torri documentano l’economia quotidiana, dalla lavorazione dei cereali all’allevamento, con sistemi idrici, cisterne e canalizzazioni. È qui che la vita scorreva, in dialogo stretto con la “cattedrale” di pietra che presiedeva il villaggio.

Guardando al paesaggio, si intuisce la logica della rete. Nelle aree costiere la priorità è il controllo degli approdi; nell’interno, la sorveglianza dei valichi, dei pascoli e dei fondovalle, in un sistema dove ogni torre parlava con l’altra. Capire questa coralità è la chiave per leggere l’Isola nuragica.

Oggi i nuraghi sono ancora lì, talvolta poco noti fuori dalla Sardegna, ma potentissimi nel loro silenzio. Tra pietra e mistero, sintetizzano potere, spiritualità e saperi empirici sul cielo e sulle stagioni, offrendo al visitatore un racconto che va ben oltre la semplice cronologia e che si intreccia con l’identità stessa dell’Isola.