Lesioni midollari ed esperienze reali: valutazione, riabilitazione e vita quotidiana

Última actualización: novembro 1, 2025
  • Lesione completa vs incompleta, livelli (cervicale, toracico, lombare, sacrale) e classificazione ASIA guidano prognosi e obiettivi.
  • La riabilitazione integrata (FES, robotica, idroterapia, terapia occupazionale, supporto psicologico) massimizza recupero e autonomia.
  • Testimonianze reali (Cristián, Iván, Matthew) mostrano come costanza e rete possano trasformare limiti in possibilità concrete.
  • Gestione della vescica neurologica e adattamenti ambientali sono pilastri per salute, dignità e qualità di vita.

Esperienze di lesione midollare

Affrontare una lesione del midollo spinale cambia la vita in un attimo: è un evento che investe corpo, emozioni e relazioni e che costringe a ripensare abitudini e progetti. Incidenti stradali, cadute, aggressioni o traumi sportivi sono tra le cause più frequenti; quando il midollo o le radici nervose all’estremità del canale spinale vengono danneggiati, la trasmissione dei segnali tra cervello e corpo si interrompe sotto il livello della lesione e compaiono debolezza, perdita di sensibilità e problemi nelle funzioni viscerali.

Questo articolo raccoglie in italiano le esperienze dirette e le migliori evidenze su valutazione e riabilitazione dopo una lesione midollare: dai tipi di danno (completo e incompleto) ai livelli interessati (cervicale, toracico, lombare e sacrale), dalle scale cliniche come ASIA ai percorsi terapeutici integrati con tecnologie di punta (ad esempio FES, Lokomat, C-Mill, Gloreha), fino alle testimonianze di vita reale che mostrano come sia possibile ricostruire autonomia, cammino e qualità di vita.

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Che cos’è una lesione midollare e perché è così impattante

Una lesione midollare (LM) è un danno che interessa il midollo spinale o i nervi terminali del canale vertebrale; per questo motivo, blocca o riduce la comunicazione nervosa tra cervello e distretti corporei al di sotto del punto lesionato. Ne derivano esiti come perdita di forza, alterazioni della sensibilità e disturbi del controllo vescicale e intestinale, oltre a possibili ripercussioni sulla funzione sessuale e sul metabolismo generale.

L’impatto non è solo fisico: benessere psicologico e sociale della persona e della famiglia possono risentirne profondamente. La gestione richiede conoscenza, tempo, un percorso riabilitativo strutturato e un solido sistema di supporto che includa professionisti e caregiver.

Lesione completa e incompleta: differenze che contano

Nella pratica clinica si distingue tra lesione completa e lesione incompleta, una classificazione con forti implicazioni pronostiche e riabilitative. Più il danno è alto lungo la colonna, più ampio è il coinvolgimento di tronco e arti.

  • Lesione completa: si perde tutta la sensibilità e il controllo motorio al di sotto del livello neurologico della lesione. In questi casi, le possibilità di recupero funzionale sono più limitate, ma la riabilitazione resta fondamentale per prevenire complicanze e massimizzare l’autonomia residua.
  • Lesione incompleta: si conserva una quota di funzione sensitiva e/o motoria sotto il livello di danno. Questo lascia margini più ampi per il recupero, soprattutto quando sensibilità e movimento ricompaiono entro la prima settimana dall’evento.

A seconda delle aree coinvolte si parla di tetraplegia (lesione cervicale con interessamento di braccia, gambe e tronco) e di paraplegia (lesione toraco-lombare con interessamento delle gambe e del tronco sotto-lesionale). La definizione del livello neurologico più basso integro guida la prognosi e gli obiettivi di trattamento.

Livelli di lesione e possibili conseguenze

Capire quale tratto del midollo è danneggiato aiuta a prevedere esiti e a pianificare la riabilitazione con più precisione.

  • Lesione cervicale (C1–C8): le più invalidanti e potenzialmente rischiose, possono dare debolezza o paralisi di quattro arti, con impatto su respirazione, funzione mano-braccio e autonomia quotidiana.
  • Lesione toracica (T1–T12): spesso preserva il controllo degli arti superiori; può causare paralisi o debolezza delle gambe con vari gradi di coinvolgimento del tronco.
  • Lesione lombare (L1–L2): può determinare debolezza di anche e gambe e problemi di controllo di vescica e intestino, con pattern variabile a seconda delle radici coinvolte.
  • Regione sacrale (S1–S5): pur non contenendo veri segmenti midollari, i nervi sacrali sono cruciali per funzioni pelviche e sensibilità di anche, perineo e glutei; i danni sono meno frequenti ma possono ridurre sensibilità e alterare la continenza.
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Nelle lesioni incomplete, dato che alcune vie nervose restano attive, il potenziale di recupero è maggiore; tuttavia, l’eterogeneità dei quadri rende difficile prevedere con esattezza il profilo funzionale finale.

La scala ASIA: come si classifica la gravità

La American Spinal Injury Association (ASIA) propone una classificazione standardizzata molto usata per valutare funzioni sensitiva e motoria ai fini diagnostici e prognostici.

  • ASIA A (lesione completa): nessuna funzione sensitiva o motoria è preservata sotto il livello neurologico, compresi i segmenti sacrali S4–S5.
  • ASIA B (incompleta): sensibilità preservata sotto il livello neurologico, inclusi S4–S5, ma senza funzione motoria.
  • ASIA C (incompleta): sono presenti sensibilità e motricità sotto il livello neurologico; più della metà dei muscoli chiave sottolesionali ha forza < 3 (non riesce a muoversi contro gravità).
  • ASIA D (incompleta): sensibilità e motricità presenti; almeno metà dei muscoli chiave sottolesionali ha forza ≥ 3 (si muove contro gravità).
  • ASIA E: funzioni sensoriali e motorie nella norma.

Questa scala, insieme alla definizione del livello neurologico e dell’eventuale zona di preservazione parziale, orienta obiettivi, intensità e tempistiche della riabilitazione.

Tornare a camminare: come si valuta l’idoneità

Stabilire se e quanto una persona potrà recuperare la deambulazione richiede una valutazione multidisciplinare e strumenti come la valutazione delle attività quotidiane. Medici fisiatri, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, neuropsicologi, infermieri e assistenti sociali lavorano insieme, integrando test neurologici (forza, sensibilità, riflessi), storia clinica e andamento in riabilitazione.

In realtà strutturate come il Centro Lescer, il percorso viene organizzato in un Patient Journey Map, cioè un piano personalizzato che coordina diagnosi, trattamenti e comunicazione con paziente e familiari. Livello e gravità della lesione, grado ASIA, presenza di aree con funzione parzialmente preservata e precedenti interventi riabilitativi guidano le aspettative sul cammino e sugli ausili.

  • Livello e gravità: lesioni più basse hanno, in media, migliore prognosi motoria.
  • Grado ASIA: quadri incompleti (B, C, D) offrono probabilità maggiori di cammino funzionale rispetto a ASIA A.
  • Preservazione parziale: isole di sensibilità o motricità sottolesionali sono segnali positivi di potenziale recupero.
  • Test neurologici e storia clinica: misurazioni ripetute permettono di monitorare progressi e di adattare gli obiettivi.

È essenziale distinguere tra cammino “terapeutico” (entro palestra, con scarico del peso, robotica o ortesi e supervisione) e cammino “funzionale”, ovvero capace di sostenere attività quotidiane in contesti reali, che rimane l’obiettivo più ambizioso.

Riabilitazione integrata: tecnologie, obiettivi e lavoro di squadra

Un approccio moderno combina allenamento intensivo, tecnologie avanzate e supporto psicologico. Nei programmi specializzati per LM incompleta, come quelli di TRAINFES, gli obiettivi sono due: ottenere benefici metabolici (prevenire atrofia, ridurre complicanze secondarie, allungare e migliorare la vita) e riattivare controllo volontario e funzionalità quando la continuità delle vie nervose lo consente.

La FES (elettrostimolazione funzionale) invia impulsi elettrici ai muscoli per indurre contrazioni coordinate durante l’esercizio. In combinazione con esercizi mirati e feedback del team, può potenziare i pattern motori, favorire plasticità e aiutare nei compiti quotidiani come alzarsi, trasferirsi e camminare con ausili.

  • Robotica (Lokomat, C-Mill, Gloreha): contribuisce a eseguire schemi di movimento corretti, permette un numero elevato di ripetizioni e, nello stare in piedi, offre benefici aggiuntivi come motilità gastrointestinale migliorata, migliore gestione delle secrezioni respiratorie e un forte impulso motivazionale.
  • Idroterapia: l’acqua fornisce galleggiamento e resistenza dolce, migliora equilibrio e percezione corporea e riduce il rischio di cadute durante l’apprendimento del passo.
  • Esercizio terapeutico: si rafforzano i distretti sopra il livello lesionale, si stimolano quelli al livello e si preservano rom, elasticità e trofismo muscolare al di sotto.
  • Terapia occupazionale: allena abilità fini, adatta ambiente domestico e ausili per aumentare autonomia e partecipazione.
  • Sostegno psicologico: affronta stress, lutto e ridefinizione dell’identità, offrendo strategie di coping alla persona e alla famiglia.
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Un aspetto cruciale è la tempestività: il recupero iniziale in giorni o settimane è un segnale positivo, ma casi documentati mostrano progressi significativi anche oltre un anno dall’evento, specie in lesioni incomplete, quando il training è costante e ben guidato.

Esperienze che ispirano: tre percorsi, un filo comune

Cristián ha subito un intervento vicino alla colonna che ha lasciato una lesione midollare con perdita di mobilità e sensibilità alle gambe; all’inizio era allettato. Dopo l’avvio della riabilitazione con TRAINFES nel 2019, mese dopo mese ha consolidato nuovi passaggi motori fino ad alzarsi e, alla fine dell’anno, salire autonomamente i gradini del Tempio Bahá’í di Santiago. Il suo mantra, raccontato con orgoglio, è che «oggi posso camminare»; ha sospeso gli studi universitari all’inizio, ma ha poi conseguito una laurea in informatica e programmazione e lavora allo sviluppo della tecnologia di neuro-riabilitazione nello stesso team che lo ha seguito.

Iván ha compiuto 19 anni in terapia intensiva: dopo un coma farmacologico di 15 giorni, si è risvegliato immobilizzato e con tracheotomia. Un incidente d’auto, di cui non ricorda i dettagli, ha provocato una lesione a livello C6–C7 e una tetraplegia. Non può muovere le gambe e le mani sono parzialmente coinvolte, ma sufficientemente funzionali per molti compiti. A distanza di 29 anni, racconta che il percorso è stato duro e lungo, ma che ha imparato a vivere pienamente una nuova normalità: la chiave è lavorare molto e a lungo, perché non solo si può convivere con la LM, ma si può vivere molto bene.

Matthew Bassett, oggi conduttore TV alla BBC Wales, ha visto la vita cambiare l’13 maggio 2011 a Broad Haven, Galles: un tuffo contro un banco di sabbia gli ha procurato una grave lesione cervicale. Tratto in salvo tra onde e panico, è stato trasportato in elicottero all’University Hospital of Wales a Cardiff, dove gli hanno diagnosticato una frattura cervicale e programmato un intervento. Una lesione così alta espone al rischio di tetraplegia e, gli dissero, c’era alta probabilità di non camminare più. Dopo la chirurgia è stato trasferito all’unità di riabilitazione spinale del Rookwood Hospital: tre mesi a letto, poi gli obiettivi mensili (salire in auto, trasferimenti, autonomia in sedia), dieci mesi complessivi fino alla dimissione. Rientrato in una casa adattata con rampa e ausili, ha affrontato il silenzio del post-ospedale: scegliere un assistente personale gli ha dato tempo per esercitarsi e diventare più indipendente, persino gestire in autonomia il catetere per uscire con gli amici senza chiedere aiuto. Nel 2014 ha iniziato a lavorare come peer counselor nella stessa unità dove era stato paziente e, col tempo, ha detto «sì» a nuove opportunità fino a condurre Weatherman Walking. Nel 2021 ha sposato Amanda, allora studentessa infermiera conosciuta in reparto: messaggio finale, i momenti difficili passano, coltiva ogni attimo speciale e continua ad avanzare.

La sua testimonianza, con autore Matthew Bassett (presentatore BBC Wales) e data 1 gennaio 2023, ricorda che il percorso non è la fine ma l’inizio di un nuovo capitolo, fatto di obiettivi concreti e di sostegno reciproco.

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Adattamenti, identità e resilienza: il ruolo della psicologia

Una lesione midollare è un trauma identitario: serve tempo per ritrovare sé stessi in un corpo cambiato. Come spiega Natalie Hale‑Larsen, DPT, specialista alla Craig H. Neilsen Rehabilitation Hospital (University of Utah), l’impatto emotivo può assomigliare a un lutto profondo. Il compito dei clinici è affiancare i pazienti nel riconoscere speranza e possibilità, nel momento forse più difficile della vita.

Gli adattamenti ambientali sono centrali: rampe, bagni accessibili, veicoli attrezzati, automazioni per porte e chiavi, ausili per mobilità e cura personale. In parallelo, si impara a usare dispositivi medici come cateteri e a gestire tempi e routine per aumentare l’indipendenza. Con una rete robusta (famiglia, amici, team sanitario), la riabilitazione non è solo fisica ma anche sociale.

Vescica neurologica: conoscenza e comunità

Le disfunzioni del basso tratto urinario di origine neurologica (NLUTD, spesso chiamata anche «vescica neurologica») sono molto frequenti dopo LM. Il Rehabilitation Research and Training Center on NLUTD, avviato nel 2019 negli Stati Uniti, riunisce medici (riabilitazione, urologia, pediatria), ricercatori e persone con NLUTD. Il gruppo produce podcast per tutti — clinici, scienziati, adulti e bambini — con temi che spaziano dalle basi e gestione clinica a relazioni, sessualità e giustizia sociale, fino a curiosità divulgative per rendere memorabili concetti complessi. Se cercate aggiornamenti affidabili e pratici sul tema, non vi mancheranno risorse utili per comprendere, condividere e migliorare la qualità della vita.

Affrontare la NLUTD è parte integrante del percorso dopo LM: vuol dire prevenire infezioni, complicanze renali, problemi cutanei e garantire dignità e autonomia nella quotidianità, un tassello imprescindibile della riabilitazione globale.

Dove nasce il cambiamento: intensità, costanza e rete

Quando la lesione è incompleta, l’allenamento mirato può riattivare schemi motori e funzioni; ma anche nelle forme complete, il lavoro su resistenza, trofismo, prevenzione delle complicanze e strategia degli ausili fa la differenza. Programmi come quelli di TRAINFES mostrano risultati anche a distanza di tempo dall’evento, se il training è quotidiano (in presenza e a domicilio) e monitorato da un team multidisciplinare che adatta obiettivi e carico.

Nei centri dove si opera in équipe — medici fisiatri, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, neuropsicologi, infermieri, assistenti sociali — la presa in carico è davvero globale. E se desideri un confronto diretto con un modello organizzativo di questo tipo, il Centro Lescer rende disponibili informazioni e contatti: administracion@lescer.es e +34 91 739 81 42 per approfondire il percorso di neuroriabilitazione.

Un’ultima precisazione clinica aiuta a inquadrare obiettivi realistici: la marcia terapeutica in ambiente protetto (robotica, ortesi, scarico di peso, superfici lisce) non coincide con la marcia funzionale nella vita di tutti i giorni. Puntare all’autonomia significa lavorare su entrambe, integrando progressioni e trasferendo i risultati dall’ambiente clinico al mondo reale.

Tra tecnologia, esercizio, psicologia e comunità, il filo rosso resta la costanza: sessioni frequenti, obiettivi chiari, misurazioni regolari e una rete che sostiene, sprona e celebra ogni micro‑traguardo.

Guardando a cause, classificazioni, scale come ASIA, trattamenti avanzati (FES, robotica, idroterapia, esercizi e terapia occupazionale), gestione della vescica neurologica e storie di Cristian, Iván e Matthew, emerge un quadro nitido: la lesione midollare non spegne il progetto di vita, lo ridisegna. Anche quando camminare non torna a essere il punto di arrivo, prevenire complicanze, crescere in autonomia e trovare nuove forme di felicità rimane possibile, concreto e degno di essere perseguito ogni giorno.