Linfoma: prognosi, stadi, sintomi, diagnosi e terapie

Última actualización: novembro 18, 2025
  • I linfomi si dividono in Hodgkin e non Hodgkin; indolenti e aggressivi con comportamenti clinici diversi.
  • Diagnosi basata su biopsia, esami del sangue (LDH), imaging (TC, RM, PET) e, se indicato, puntura lombare e biopsia midollare.
  • Stadiazione di Ann Arbor (I–IV) con lettere A/B/E/S/X; indici IPI, FLIPI e MIPI guidano prognosi e intensità terapeutica.

linfoma pronostico

In Italia il linfoma è tra le neoplasie più diffuse e rappresenta la patologia tumorale del sangue più comune. Nonostante ciò, molte persone hanno ancora dubbi su cosa sia, come si manifesti e quali siano le prospettive di cura.

Ogni 15 settembre, la Giornata Mondiale della Consapevolezza sul Linfoma aiuta a fare luce sulla malattia e sull’importanza di percorsi diagnostico-terapeutici appropriati, che sono decisivi per migliorare esiti e qualità di vita.

Che cos’è il linfoma e come si classifica

I linfomi sono tumori che nascono dai linfociti, cellule chiave del sistema immunitario. Esistono molte varianti, ma la grande divisione è tra linfomi di Hodgkin (LH) e linfomi non Hodgkin (LNH). I LH si distinguono per la presenza delle caratteristiche cellule di Reed–Sternberg, visibili al microscopio con due grandi nuclei che ricordano “occhi di civetta”.

Nei LNH questa cellula manca e la malattia compare più spesso con l’avanzare dell’età; al contrario, il linfoma di Hodgkin tende a colpire anche soggetti giovani. I linfomi possono originare sia dalla linea B sia dalla linea T, con il coinvolgimento di diversi organi: oltre ai linfonodi, possono interessare milza, timo e midollo osseo, ma potenzialmente qualsiasi distretto corporeo può essere colpito.

Dal punto di vista clinico, molti LNH vengono distinti in forme indolenti (a crescita lenta) e forme aggressive (a crescita rapida). Le prime spesso richiedono solo osservazione iniziale, mentre le seconde necessitano di trattamenti tempestivi.

È utile chiarire due differenze frequenti: con il termine “tumore” si indica un’ampia famiglia di patologie proliferative, mentre il “cancro” riguarda le neoplasie maligne in grado di invadere e metastatizzare; il linfoma è una categoria specifica di cancro del sistema linfatico. Inoltre, linfoma e leucemia sono diversi: la leucemia origina nel midollo osseo e produce un eccesso di leucociti anomali, mentre il linfoma interessa primariamente i linfonodi.

In Italia, nel 2020, le diagnosi hanno superato le 15.000 unità: circa 2.151 casi di LH (soprattutto in pazienti giovani) e 13.182 casi di LNH. La consapevolezza dei sintomi e l’accesso a percorsi dedicati possono fare la differenza fin dalle prime fasi.

Segni e sintomi da non sottovalutare

Il campanello d’allarme più comune è la linfoadenopatia: aumento di volume di uno o più linfonodi, spesso al collo, nelle ascelle o all’inguine. In genere non sono dolenti e possono essere elastici; col tempo, linfonodi separati possono confluire in masse. Ricorda però che molte infezioni possono dare linfonodi ingrossati: serve sempre valutazione clinica.

Tra i cosiddetti sintomi “B” rientrano febbre persistente senza causa infettiva evidente, sudorazioni notturne profuse e perdita di peso non intenzionale (oltre il 10% in 6 mesi). Possono associarsi prurito generalizzato, stanchezza marcata e calo dell’appetito.

Se la malattia coinvolge linfonodi profondi o altri organi, si possono avvertire tosse secca e fiato corto, gonfiore del collo o degli arti inferiori, senso di sazietà precoce, dolori addominali e cambiamenti cutanei (chiazze o noduli). Nei linfomi localizzati al torace possono emergere sintomi respiratori più evidenti.

  • Compressione della vena cava superiore: dispnea ed edema del volto.
  • Compressione delle vie biliari: ittero.
  • Compressione degli ureteri: idronefrosi.
  • Ostruzione intestinale: vomito e stipsi.
  • Interferenza con il drenaggio linfatico: versamenti chilosi pleurici o peritoneali e linfedema degli arti inferiori.

La pelle può essere coinvolta in alcuni LNH. Nei LNH a cellule B si osservano talvolta noduli eritematosi su cuoio capelluto o gambe; nei LNH cutanei a cellule T le lesioni possono presentarsi come eritema diffuso, papule, placche o tumori. Nei fototipi più scuri, l’eritema può risultare poco evidente.

Relacionado:  Reflexo fotomotor: descrição, fisiologia e funções

Nei casi non trattati, la progressiva compromissione immunitaria espone a infezioni ricorrenti; per questo, l’infezione sistemica (sepsi) può rappresentare la causa di morte nei quadri avanzati. Se i sintomi persistono, confrontati con il medico curante: non trascurarli, soprattutto se sei giovane e noti febbricola o tosse secca prolungata.

Diagnosi: visite, esami del sangue, imaging e biopsie

Il percorso parte dalla visita medica e dall’anamnesi personale e familiare. Il clinico valuta dimensioni e sedi dei linfonodi (cervicali, ascellari, inguinali e femorali) e la presenza di epato-splenomegalia. Gli esami ematici possono evidenziare alterazioni di globuli bianchi, rossi e piastrine, oltre a un aumento dell’LDH (lattato deidrogenasi).

Per definire l’estensione si ricorre alla diagnostica per immagini: radiografia, ecografia, tomografia computerizzata (TC), risonanza magnetica e PET. La PET usa un tracciante captato dalle cellule tumorali e mostra aree “calde”, aiutando a mappare le localizzazioni del linfoma e le dimensioni delle lesioni.

La conferma arriva con la biopsia linfonodale (meglio se escissionale). Il campione è analizzato al microscopio e, oggi, anche con test molecolari che permettono una tipizzazione molto fine. In alcune circostanze si esegue la puntura lombare per verificare interessamento del liquido cerebrospinale.

Quando necessario, si procede con la biopsia del midollo osseo. Si ottengono di norma due campioni: aspirato midollare (BMA) e prelievo cilindrico (talvolta indicato come BMAT). La procedura è in anestesia locale; in alcune strutture possono offrire sedazione leggera o analgesico inalatorio a base di metossiflurano, da usare secondo necessità durante la procedura. Chiedi al team clinico le opzioni per il comfort.

Stadiazione: cosa significa I, II, III, IV (e le lettere A, B, E, S, X)

La stadiazione indica quanto la malattia si è diffusa oltre la sede iniziale. Gli stadi I e II sono considerati “precoce/limitato”, mentre III e IV sono “avanzati”. A differenza di altri tumori solidi, molti linfomi aggressivi in stadio avanzato possono comunque essere curati.

  • Stadio I: interessamento di un solo distretto linfonodale (I) o di un unico sito extranodale contiguo (IE).
  • Stadio II: due o più distretti linfonodali dallo stesso lato del diaframma, oppure interessamento localizzato di un organo contiguo (IIE).
  • Stadio III: linfonodi coinvolti su entrambi i lati del diaframma; può associarsi coinvolgimento della milza (IIIS) e/o di sedi extranodali contigue (IIIE, IIIES).
  • Stadio IV: malattia diffusa con coinvolgimento multiplo di organi o tessuti extranodali; l’infiltrazione midollare definisce sempre lo stadio IV.

Alle cifre si associano lettere con significati convenzionali: A (assenza di sintomi B), B (presenza di febbre, sudorazioni notturne intense, perdita di peso >10%), E (interessamento extranodale contiguo), S (milza coinvolta), X (massa voluminosa, bulky).

Fattori di rischio e prevenzione (primaria, secondaria, terziaria)

Le cause esatte non sono pienamente chiarite. Una quota è associata a infezioni come Helicobacter pylori (linfoma gastrico MALT), virus di Epstein–Barr (linfoma di Burkitt), virus dell’epatite C e HTLV‑1 (leucemia/linfoma dell’adulto a cellule T). Altri fattori: immunodeficienza (HIV, post-trapianto, farmaci immunosoppressori), malattie autoimmuni (Sjögren, tiroidite di Hashimoto, artrite reumatoide), e, meno frequentemente, esposizioni a radiazioni ionizzanti, pesticidi e benzene.

La prevenzione primaria è complessa, perché non esistono cause univoche e modificabili come nel tumore del polmone con il fumo. Può essere sensato ridurre esposizioni a sostanze nocive quando possibile e gestire correttamente condizioni croniche e immunodepressione, ma il margine d’azione causale rimane limitato.

La prevenzione secondaria punta a individuare precocemente chi è malato o ad alto rischio. Per il linfoma non esistono programmi di screening popolazionali; tuttavia, esami di routine possono far emergere anomalie che richiedono approfondimenti. Il medico di famiglia valuta l’invio all’onco-ematologo e stabilisce eventuali controlli ravvicinati.

Relacionado:  Pressão venosa central: como é medida, para que serve, valores

La prevenzione terziaria mira a ridurre recidive e complicanze tramite follow-up programmato. Di solito le visite sono più frequenti nei primi due anni e poi diradano; dopo il quinto anno, i controlli tendono a essere annuali, anche per sorvegliare effetti tardivi delle terapie. Possono includere esami ematici e imaging (ecocardiogramma, TC, PET) in base al caso.

Terapie: chemioterapia, anticorpi, radioimmunoterapia, trapianto e CAR‑T

La base del trattamento è la chemioterapia, spesso associata a anticorpi monoclonali diretti contro bersagli specifici sulla cellula tumorale (per esempio CD20). Nei linfomi aggressivi sono impiegati regimi come CHOP o R‑CHOP. Nei LH localizzati si può usare la radioterapia esclusiva; nelle forme avanzate si combina chemio e, talvolta, radioterapia.

Tra le strategie mirate, la radioimmunoterapia con ibritumomab tiuxetan (legato all’ittrio‑90) veicola una sorgente radioattiva direttamente contro i linfociti B che esprimono CD20. L’ittrio-90 emette raggi beta efficaci fino a circa 11 mm, creando un effetto di “fuoco incrociato” tra cellule vicine e massimizzando l’azione antitumorale con impatto limitato sui tessuti sani.

Questo trattamento si esegue in Day Hospital e, dopo la dimissione, i livelli di radioattività residua sono molto bassi. Per prudenza, per circa una settimana si raccomanda attenzione alla gestione di urine e indumenti contaminati da liquidi biologici. In Italia l’indicazione attuale copre il linfoma follicolare recidivato o refrattario e il consolidamento dopo una prima linea con rituximab e chemioterapia; utilizzi in altri linfomi (marginali, DLBCL, o nei condizionamenti del trapianto autologo) rimangono sperimentali e non rimborsati. Spesso si esegue un singolo trattamento.

Nei casi resistenti o parzialmente rispondenti alle terapie iniziali si può passare a regimi più intensivi fino al trapianto di cellule staminali (autologo o allogenico). Di solito è preceduto da chemioterapia ad alte dosi per eradicare le cellule patologiche (e parte delle sane) e consentire alle staminali di ripopolare il midollo.

Un capitolo a sé sono le immunoterapie moderne: anticorpi che attivano i linfociti T contro le cellule linfomatose e, soprattutto, le terapie cellulari CAR‑T, in cui i linfociti T del paziente vengono prelevati, ingegnerizzati in laboratorio per riconoscere il tumore e poi reinfusi per attaccarlo. Le CAR‑T hanno cambiato la storia di linfomi refrattari alle cure tradizionali.

Le cure palliative non significano rinunciare alle terapie: sono un approccio specialistico per controllare sintomi, dolore e stress, raccomandato in parallelo ai percorsi curativi. Sono preziose per gestire effetti collaterali, bisogni psicologici e familiari, e risultano particolarmente importanti in pediatria e nei trapianti.

Prognosi: numeri, indici e cosa influenza gli esiti

La prognosi varia molto a seconda del tipo e dello stadio. Nei linfomi indolenti spesso si adotta la “sorveglianza attiva” se asintomatici: la malattia può rimanere stabile per anni e i trattamenti si avviano alla comparsa dei sintomi. Pur non essendo in genere guaribili, i pazienti hanno una aspettativa di vita lunga.

Le forme aggressive, se trattate correttamente, possono guarire. Nel linfoma di Hodgkin le probabilità di guarigione sono molto alte, tra l’80% e il 90%. Nei LNH aggressivi si raggiungono tassi del 60–70%. Le forme indolenti, invece, tendono a essere controllate nel tempo con terapie mirate.

Per predire il rischio si usano diversi indici prognostici, che combinano età, estensione extranodale, stato generale e LDH: l’IPI (per DLBCL), il FLIPI (per linfoma follicolare) e il MIPI (per linfoma mantellare). Questi punteggi orientano l’intensità del trattamento e aiutano a stimare la probabilità di risposta e ricaduta.

Dati aggregati di sopravvivenza relativa a 5 anni (tutte le età, varie coorti) mostrano circa 82,1% negli stadi localizzati, 77,5% negli stadi regionali, 59,9% nei distali e 67,5% nei non stadiati. Sono medie che non sostituiscono una valutazione individuale, ma offrono un’idea della variabilità prognostica.

Relacionado:  Taquifilaxia: causas, sintomas, diagnóstico e tratamento

Storia, biologia e grandi famiglie di linfomi

Nel 1832 Thomas Hodgkin descrisse per primo il quadro clinico che porta il suo nome. In seguito, con l’avanzare dell’ematopatologia e dell’immunologia, sono state riconosciute molte altre entità, fino all’ampia classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), aggiornata nel tempo, che elenca decine di sottotipi distinti. Negli anni ’70 Karl Lennert propose una classificazione basata sulla morfologia cellulare e sulle relazioni con le cellule linfoidi normali.

In termini molecolari, la cancerogenesi dei linfomi segue un modello “multi‑step”: sovraespressione di oncogeni, attivazioni di protoncogeni o inattivazione di oncosoppressori. Traslocazioni tipiche spostano geni sotto il controllo di potenti regolatori (per esempio quelli delle immunoglobuline nei linfociti B), oppure creano proteine di fusione costitutivamente attive; anche eventi epigenetici come metilazione del DNA e acetilazione degli istoni possono contribuire.

La classificazione OMS include ampie famiglie B, T/NK e Hodgkin. In ambito B: leucemia/linfoma linfoblastico dei precursori B; LLC/linfoma a piccoli linfociti; leucemia prolinfocitica B; linfoma linfoplasmacitico; linfoma splenico della zona marginale; linfoma della zona marginale extranodale (MALT) e nodale; leucemia a cellule capellute; neoplasie plasmacellulari (mieloma, plasmocitoma osseo ed extraosseo, malattie delle catene pesanti); linfoma follicolare; linfoma mantellare; DLBCL e varianti (mediastinico timico primario, intravascolare primario), linfoma primitivo effusivo, granulomatosi linfomatoide, linfoma a grandi cellule ALK‑positivo, plasmoblastico, linfoma a grandi cellule B associato a HHV‑8 nella malattia di Castleman, linfoma di Burkitt e forme non classificabili a cavallo tra DLBCL e Burkitt o tra DLBCL e LLC.

Nel gruppo T/NK: leucemia/linfoma linfoblastico dei precursori T; leucemia prolinfocitica T; leucemia a grandi linfiti granulari; linfoma/leucemia dell’adulto a cellule T (HTLV‑1 correlato); linfoma T tipo enteropatia; linfoma epatosplenico T; micosi fungoide/Sindrome di Sézary; disordini cutanei T CD30+ (linfoma cutaneo primario a grandi cellule anaplastico e papulosi linfomatoide); linfoma T angioimmunoblastico; linfoma T periferico NAS; linfoma a grandi cellule anaplastico; linfoma NK/T extranodale nasale‑tipo; leucemia NK aggressiva e forme blastiche NK.

Per i linfomi di Hodgkin: forma classica (sclerosi nodulare, cellularità mista, ricco di linfociti, deplezione linfocitaria) e forma a prevalenza linfocitaria nodulare. Oltre alla classificazione, la stadiazione di Ann Arbor resta cruciale per guidare scelte terapeutiche e valutare la prognosi.

Manifestazioni specifiche e complicanze ematologiche

Alcuni quadri meritano menzione. Il linfoma/leucemia dell’adulto a cellule T (HTLV‑1 correlato) può avere decorso fulminante con infiltrati cutanei, linfoadenopatia, epatosplenomegalia e leucemia; frequente l’ipercalcemia su base umorale. Il linfoma anaplastico a grandi cellule può mimare un linfoma di Hodgkin o un carcinoma metastatico indifferenziato.

L’anemia può essere presente all’esordio e spesso sopraggiunge nel decorso, per cause diverse:

  • Sanguinamento da coinvolgimento gastrointestinale (con o senza piastrinopenia).
  • Emolisi per ipersplenismo o anemia emolitica autoimmune.
  • Infiltrazione midollare da linfoma.
  • Soppressione midollare da chemio o radioterapia.
  • Ridotta eritropoiesi associata a infiammazione cronica.

Quando sospetti un coinvolgimento linfonodale persistente, febbre di origine non chiara o sintomi B, è opportuno programmare una visita oncologica o rivolgersi al medico di base per impostare gli accertamenti adeguati.

Comprendere cos’è il linfoma, come si diagnostica e quale sia la sua estensione consente di scegliere terapie sempre più personalizzate: dalla chemioterapia ai biologici, dalla radioimmunoterapia al trapianto e alle CAR‑T. Dati alla mano (indici prognostici, stadio, LDH, età e sedi extranodali) oggi è possibile stimare il rischio e pianificare percorsi efficaci in team multidisciplinare, senza dimenticare il ruolo delle cure di supporto nel controllo dei sintomi e nella qualità di vita lungo tutto il cammino di cura.