Tipi di arcobaleno: guida completa tra scienza, colori e rarità

Última actualización: novembro 19, 2025
  • Formazione dell’arcobaleno: rifrazione, riflessione e dispersione in goccioline con angoli tipici di 42° (primario) e 51° (secondario).
  • Dodici tipi principali: varianti con tinte complete, colori mancanti, arcobaleni monocromatici e presenza/assenza di banda di Alessandro e archi supernumerari.
  • Fenomeni speciali: doppio e gemello, supernumerari, fogbow, archi riflessi/di riflessione, ruota con “raggi”, arcobaleno lunare e arco circunzenitale.

Tipi di arcobaleno

Guardare un arcobaleno riporta sempre un pizzico di meraviglia: tra una pioggia passeggera e un raggio di Sole che sbuca all’improvviso, il cielo si accende di colori. Quello che a colpo d’occhio sembra pura magia è in realtà un fenomeno ottico e meteorologico molto ben compreso, dove minuscole gocce d’acqua sospese nell’aria piegano e separano la luce bianca nelle sue diverse tonalità.

Eppure la storia non finisce qui. Gli arcobaleni non sono tutti uguali: ne esistono vari tipi, anche molto rari, e perfino versioni “monocromatiche” o con colori mancanti. Dalla banda scura di Alessandro all’inversione delle tinte nel raro arco secondario, fino ai suggestivi archi supernumerari, c’è un mondo di sfumature e curiosità che vale la pena scoprire.

Cos’è un arcobaleno e come si forma

In termini semplici, un arcobaleno si genera quando la luce solare entra in una goccia d’acqua, si piega (rifrazione), rimbalza all’interno (riflessione) e poi esce di nuovo piegandosi un’ultima volta. Questo doppio cambiamento di direzione separa la luce bianca in un ventaglio continuo di colori, perché ogni lunghezza d’onda si devia in modo leggermente diverso.

Per l’arco principale, la direzione in cui la luce risulta più intensa arriva all’osservatore con un angolo tipico di circa 42° rispetto alla linea che unisce occhio, goccia e punto antisolare. Ecco perché l’arcobaleno ha sempre il rosso all’esterno e il violetto all’interno: la luce rossa devia un po’ meno, mentre quella violetta è più “curvata” dalla goccia.

Quando avviene una doppia riflessione interna alla goccia, nasce l’arco secondario. È più ampio (circa 51°) e molto più tenue, e soprattutto mostra i colori in ordine invertito, con il violetto all’esterno e il rosso verso l’interno. Tra i due archi, spesso si nota una fascia più scura: è la celebre banda di Alessandro.

Un dettaglio intrigante riguarda la luminosità del cielo: sotto l’arco primario il cielo appare più chiaro, perché molte traiettorie luminose vengono deviate verso l’occhio proprio in quell’intervallo di angoli; sopra l’arco primario e fino al secondario, invece, la luce utile diminuisce e la fascia centrale appare più buia.

Colori, percezione e perché a volte ne mancano

Se a scuola ci hanno insegnato che i colori dell’arcobaleno sono sette, in realtà il ventaglio è praticamente continuo. La nostra percezione “segmenta” quelle tonalità in bande note (rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco, violetto), ma tra un colore e l’altro le sfumature non hanno vere linee di confine.

L’intensità delle tinte dipende molto dalla dimensione delle gocce: gocce più grandi restituiscono colori più vividi, mentre gocce molto piccole tendono a “lavare” le tonalità, fino a produrre arcobaleni quasi lattiginosi o perfino bianchi (il cosiddetto arcobaleno di nebbia). Anche l’ora del giorno conta: con il Sole molto basso, i percorsi nella nostra atmosfera sono più lunghi e le componenti blu-verdi si disperdono di più, così può rimanere visibile soprattutto il rosso.

Per questo non è raro imbattersi in arcobaleni con colori attenuati o parziali. Gli studi più recenti distinguono ben dodici classi, alcune con tinte mancanti o combinazioni sorprendenti come “solo blu e rosso”. Il motivo è una combinazione di dimensione delle gocce, angolazione del Sole, spessore della nuvola e condizioni dell’aria.

I 12 tipi di arcobaleno: la classificazione moderna

Una classificazione ampiamente citata in ambito scientifico cataloga dodici tipologie osservate in centinaia di fotografie, basandosi sulla visibilità delle sei tinte principali (violetto, blu, verde, giallo, arancione, rosso) e sull’eventuale presenza di bande extra. Ecco le dodici categorie che descrivono, con finezza, la varietà reale degli arcobaleni:

  • Tutte le tinte ben visibili, con banda scura di Alessandro marcata e archi supernumerari presenti.
  • Tutte le tinte ben visibili, banda scura di Alessandro marcata, senza archi supernumerari.
  • Tutte le tinte visibili, banda di Alessandro poco marcata e archi supernumerari presenti.
  • Tutte le tinte visibili, banda di Alessandro poco marcata, senza archi supernumerari.
  • Mancanza del violetto oppure del blu.
  • Mancanza del verde.
  • Mancanza contemporanea di violetto e blu.
  • Mancanza contemporanea di blu e verde.
  • Solo blu e rosso.
  • Solo giallo e arancione/rosso.
  • Solo rosso (arcobaleno monocromatico).
  • Anomali/altre combinazioni.
Relacionado:  Meccanica ondulatoria e l’equazione di Schrödinger: origini, significato e applicazioni

Questa tipizzazione aiuta a mettere ordine in avvistamenti che, altrimenti, sembrerebbero “strani” o addirittura sbagliati. Un classico esempio è l’arcobaleno rosso diffuso, tipico dell’alba o del tramonto con goccioline piccole, quando le componenti blu-verdi sono ormai molto indebolite lungo il tragitto atmosferico.

Tipi particolari e rari da conoscere

Quando compare l’arco principale, spesso ne spunta un secondo più alto e pallido: è l’arcobaleno secondario. Poiché i colori sono invertiti, l’effetto “doppio arcobaleno” è inconfondibile, e tra i due archi si nota la caratteristica banda scura. Questo è il “doppio” per eccellenza, da non confondere col gemello.

Esiste infatti l’arcobaleno gemello, che non va scambiato con il “doppio”. Il gemello nasce quando coesistono gocce grandi e piccole, con forme leggermente diverse per effetto della resistenza dell’aria: da una base comune, gli archi si separano mostrando la stessa sequenza di colori su entrambi, non invertita.

Tra i più affascinanti ci sono gli archi supernumerari: serie di sottili bande più tenui adiacenti all’arco principale (e talvolta anche vicino al secondario). Questi richiedono goccioline relativamente piccole e di dimensioni simili, perché la loro formazione è legata all’interferenza delle onde luminose che hanno seguito percorsi quasi identici all’interno della goccia.

L’arcobaleno di nebbia, o “cloudbow”, si forma su goccioline molto minute presenti in banchi di nebbia o in nuvole basse. Appare quasi bianco o lattiginoso, con colori appena accennati, proprio perché le gocce troppo piccole non restituiscono la vivida dispersione cromatica tipica delle piogge più consistenti.

Non bisogna poi dimenticare l’arcobaleno rosso, spesso detto monocromatico. Si manifesta con il Sole radente, quando la componente blu-verde è stata diffusa dalla colonna d’aria e il rosso sopravvive dominando la scena. È un fenomeno meno comune ma non rarissimo nelle giornate limpide al tramonto o all’alba.

Varietà di arcobaleni

Curiosissimo è l’arcobaleno “a ruota con raggi” (spoked wheel): porzioni di arcobaleno risultano “tagliate” da zone d’ombra prodotte da nuvole più dense o da colonne di pioggia in movimento, dando l’impressione di raggi che si irradiano da un centro. Se le nubi scorrono veloci, l’effetto sembra quasi ruotare.

Dove c’è acqua piatta (lago, mare calmo), possono comparire due fenomeni simili nel nome ma diversi nella fisica: arcobaleno riflesso e arcobaleno di riflessione. Nell’arcobaleno riflesso, prima la luce forma l’arco nelle gocce e poi si riflette sulla superficie dell’acqua prima di raggiungerci. Nell’arcobaleno di riflessione, invece, la luce si riflette prima sulla superficie acquatica e solo dopo entra nelle gocce: il risultato è più debole e richiede condizioni molto specifiche.

C’è poi l’arcobaleno lunare, visibile nelle notti di Luna piena o quasi, in presenza di umidità e cielo buio. La luce lunare è molto più debole di quella solare, perciò i colori appaiono smorzati, talvolta quasi bianchi, perché i nostri recettori retinici responsabili del colore lavorano poco in scarsa luminosità.

Relacionado:  Teorema de Bernoulli: equação, aplicações e exercício resolvido

Infine, un effetto sorprendente è l’arco circunzenitale, colloquialmente “arcobaleno a testa in giù”. Non è un vero arcobaleno da gocce di pioggia, ma un alone colorato prodotto dalla rifrazione della luce in cristalli di ghiaccio presenti ad alta quota: la geometria fa apparire un “sorriso” capovolto nel cielo.

Banda scura di Alessandro e dettagli ottici

Tra arco primario e secondario, il cielo può apparire notevolmente più scuro. Questa zona si chiama banda di Alessandro (o di Alessandro d’Afrodisia) e dipende dal fatto che, in quell’intervallo angolare, arrivano meno raggi deviati utilmente verso l’osservatore rispetto alle zone immediatamente interne all’arco primario o esterne al secondario.

Gli archi supernumerari, invece, vanno oltre la pura geometria dei raggi: sono la firma dell’interferenza ondulatoria della luce. Raggi che hanno viaggiato con percorsi quasi uguali si rinforzano (interferenza costruttiva), mentre altri si annullano parzialmente (interferenza distruttiva), creando una sequenza di sottili bande chiare e scure colorate.

Un altro fattore cruciale è la dimensione delle gocce: quando le gocce sono molto simili e piccole, gli archi supernumerari sono più evidenti, mentre gocce più grandi e di dimensioni variabili tendono ad appiattire queste finezze, lasciando visibile solo l’arco principale con colori più saturi.

Geometria, punti di vista e qualche dritta per l’osservazione

L’arcobaleno è un fenomeno che dipende dalla posizione dell’osservatore: si proietta su un “cono” geometrico con il vertice nei nostri occhi, perciò non esiste in un punto fisso nello spazio come un oggetto, ma “si ricrea” per ciascun osservatore secondo l’angolo giusto. Ecco perché due persone in posizioni diverse vedono arcobaleni leggermente differenti.

Se ci si alza di quota, per esempio in aereo o in mongolfiera, si può arrivare a vedere il cerchio completo dell’arcobaleno. Da terra, in genere, la metà inferiore è nascosta dall’orizzonte, motivo per cui lo percepiamo come arco e non come anello.

Per avvistarlo al meglio, metti il Sole alle spalle e cerca davanti a te la zona di pioggia o di aerosol umido illuminato: con il Sole basso sull’orizzonte la probabilità aumenta, perché l’angolo di 42° si “adatta” meglio al campo visivo. Dopo gli acquazzoni al tramonto è spesso il momento d’oro.

Storia: da Cartesio a Newton, fino a Huygens e Young

Nel Seicento, René Descartes studiò sistematicamente l’arcobaleno usando una sfera di vetro piena d’acqua. Mostrò che l’arco primario deriva da una riflessione interna e due rifrazioni, e ne determinò l’angolo di massima intensità; spiegò anche l’arco secondario come dovuto a due riflessioni interne e due rifrazioni, più debole e con sequenza di colori invertita.

Pochi decenni dopo, Isaac Newton dimostrò con i prismi che la luce bianca è composta da un continuo di colori che si separano per dispersione. La sua visione “corpuscolare” della luce spiegava molto bene molte caratteristiche degli arcobaleni (compresa la separazione cromatica), ma incontrava un ostacolo: le bande supernumerarie.

Fu Thomas Young, all’inizio dell’Ottocento, a sbloccare il problema. Interpretò gli archi supernumerari come un fenomeno d’interferenza ondulatoria, a sostegno del modello a onde già sostenuto da Christiaan Huygens. Da allora la descrizione dell’arcobaleno si è arricchita sia di geometria dei raggi sia di fisica ondulatoria; contributi moderni, come quelli del fisico Moisés Nussenzveig, hanno rifinito l’interpretazione di molti dettagli sottili.

Le sette tonalità “classiche” e le loro associazioni culturali

Nel linguaggio comune, indichiamo sette colori principali: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco, violetto. La sequenza va sempre dal rosso esterno al violetto interno, coerentemente con gli indici di rifrazione che “curvano” di più le lunghezze d’onda più corte.

Nella cultura visiva e simbolica, queste tonalità si sono caricate di significati: il rosso richiama energia e passione, l’arancione vitalità e comunicazione, il giallo ottimismo e luce, il verde equilibrio e natura, il blu serenità e armonia, l’indaco rispetto e introspezione, il violetto mistero e spiritualità. Si tratta di convenzioni suggestive, non di proprietà fisiche, ma aiutano a raccontare l’impatto emotivo dell’arcobaleno.

Relacionado:  Velocidade angular: definição, fórmula, cálculo e exercícios

Piccola nota linguistica utile per chi studia: in inglese i nomi sono Red, Orange, Yellow, Green, Blue, Indigo, Violet; non cambia la fisica, ma se si consultano risorse internazionali può servire averli a portata di mano.

Domande frequenti e curiosità che chiariscono molti dubbi

Perché a volte sembra di vedere solo cinque colori? La nostra percezione non è un “sensore scientifico” ma un sistema biologico con limiti e soglie. Alcune bande, come l’arancione o il violetto, possono risultare meno nitide a seconda della luminosità, della dimensione delle gocce e del contrasto col fondo cielo, per cui in pratica emergono soprattutto blu, violetto, rosso, giallo e verde.

Perché l’arcobaleno non finisce “da qualche parte” con un baule di monete d’oro? Perché non è un oggetto fisico localizzato, ma un’immagine geometrica dipendente dalla posizione dell’osservatore rispetto al Sole e alle gocce. Spostandoci, si “sposta” anche l’arcobaleno: non c’è un punto fisso in cui termina.

È vero che l’arcobaleno può essere visto capovolto? Sì, ma non si tratta dell’arco da pioggia: è l’arco circunzenitale, prodotto da cristalli di ghiaccio in nubi alte; per questo il “sorriso” colorato compare molto in alto nel cielo e non davanti a una cortina di pioggia, e richiede condizioni specifiche di orientazione dei cristalli.

Come si spiega che in certe condizioni compaiono solo alcune tinte (per esempio “solo giallo e arancione/rosso”)? È l’effetto combinato di dispersione atmosferica lungo il percorso e dimensione delle gocce: le componenti a lunghezza d’onda più corta (blu e violetto) vengono attenuate molto prima di giungere all’occhio, mentre le più lunghe resistono, producendo arcobaleni parziali o monocromatici.

L’angolo di 42° è fisso? È un valore di massima intensità che cambia leggermente con la lunghezza d’onda (per questo rosso e violetto non coincidono), ma è abbastanza stabile per identificare la geometria dell’arco primario. Il secondario, con 51° circa, rimane sempre più ampio e più debole.

Se la luce viaggia in linea retta, perché l’arcobaleno è curvo? Perché quello che vediamo è l’inviluppo di raggi deviati con lo stesso angolo rispetto alla direzione antisolare. La “curva” è la traccia di tutti i punti dello spazio da cui la luce, deviata correttamente, raggiunge l’osservatore con quell’angolo preferenziale.

Quando l’aria è molto umida ma le gocce sono minuscole, può emergere un arco tutto bianco (fogbow). È lo stesso principio dell’arcobaleno, ma con goccioline talmente piccole da annacquare la separazione cromatica. Al contrario, piogge con gocce grandi e uniforme dimensione esaltano colori vividi e possono rendere evidenti le bande supernumerarie.

In giornate particolarmente limpide con Sole basso, e magari con una superficie d’acqua davanti a noi, si possono cogliere versioni tanto scenografiche quanto istruttive dell’arcobaleno: doppio arco, riflessi sull’acqua, persino la geometria completa dell’anello se si osserva da un punto sopraelevato.

Dietro la bellezza dell’arcobaleno c’è una fisica elegante che unisce geometria dei raggi e natura ondulatoria della luce. Dalla rifrazione entro le gocce ai giochi d’interferenza che disegnano archi supernumerari, passando per l’angolo “magico” di circa 42°, ogni dettaglio ha una spiegazione. Con le dodici categorie oggi utilizzate è più facile dare un nome agli avvistamenti insoliti: dalle versioni rosse a quelle con tinte mancanti, fino agli archi pallidi della nebbia o alle meraviglie notturne illuminate dalla Luna.