Tipi di inquinanti antropogenici: fonti, effetti, salute e soluzioni

Última actualización: novembro 18, 2025
  • Poluenti primari e secondari guidano la chimica dell’aria e lo smog fotochimico (O3).
  • Le famiglie chiave includono SOx, NOx, COV, particolato, metalli e CFC.
  • Impatto su salute, ecosistemi e clima: da irritazioni e asma a piogge acide e cambiamenti climatici.
  • Controllo: mobilità sostenibile, filtri, combustibili puliti, aree verdi e monitoraggi.

Inquinanti antropogenici e fonti di emissione

Capire quali siano i tipi di inquinanti di origine antropica non è solo un esercizio accademico: significa mettere a fuoco che cosa respiriamo, come impatta sulla nostra salute e in che modo cambia gli ecosistemi che ci circondano. In soldoni, parliamo di sostanze che, a certe concentrazioni, rendono l’aria inadatta, sgradevole o dannosa per persone, animali, piante e materiali, con ripercussioni anche sulla sicurezza e sulle attività quotidiane della comunità.

La varietà di sostanze che possono finire in atmosfera è enorme, e per questo una classificazione univoca non è semplice. Per orientarsi, la prassi è distinguere tra poluenti primari (emessi direttamente) e poluenti secondari (generati nell’aria da reazioni chimiche). A ciò si aggiungono “famiglie” chimiche ricorrenti (zolfo, azoto, organici, alogenati, metalli pesanti, particolato, ossidanti fotochimici) e un gruppo di indicatori standard con cui si monitora la qualità dell’aria a livello globale.

Che cos’è un poluente e come si misura la qualità dell’aria

Quando si parla di poluente atmosferico, il punto chiave è la concentrazione e il tempo di esposizione. Una sostanza può essere innocua a basse dosi e diventare pericolosa quando si accumula o quando ci si espone troppo a lungo. Ecco perché i sistemi di monitoraggio fissano obiettivi e soglie per proteggere la salute pubblica e l’ambiente.

La qualità dell’aria, in pratica, viene valutata misurando un set limitato di inquinanti “indicatore”, scelti perché frequenti e perché ben correlati a effetti avversi. Tra questi spiccano particolato (in diverse frazioni granulometriche), ozono, ossidi di azoto, anidride solforosa, monossido di carbonio, alcuni composti organici e metalli. È un approccio pragmatico: non si misura tutto, ma ciò che conta di più in termini di rischio per la salute.

Poluenti primari e secondari

I poluenti primari sono quelli che escono direttamente dalle fonti: scarichi dei veicoli, camini industriali, combustioni varie, processi agricoli e attività domestiche. Sono il “punto di partenza” della catena dell’inquinamento.

I poluenti secondari, invece, si formano in atmosfera quando i primari reagiscono tra loro o con i componenti naturali dell’aria sotto l’azione della luce solare. L’esempio classico è l’ozono troposferico e l’insieme degli ossidanti fotochimici, alla base dello smog che riduce la visibilità e irrita occhi e vie respiratorie.

Famiglie chimiche di inquinanti atmosferici

Per facilitare l’analisi, molte sostanze si raggruppano per famiglia. Di seguito le categorie principali citate nelle fonti, con esempi concreti:

  • Composti dello zolfo: biossido di zolfo SO2, triossido di zolfo SO3, specie ridotte come H2S (acido solfidrico), mercaptani e disolfuro di carbonio (CS2), oltre a solfati secondari.
  • Composti dell’azoto: ossido nitrico NO, biossido di azoto NO2, ammoniaca NH3, acido nitrico HNO3, nitrati secondari. Gli NOx sono cruciali per la formazione di ozono e piogge acide.
  • Composti organici: idrocarburi, alcoli, aldeidi (es. formaldeide), chetoni, acidi organici, acroleina e PAN (perossiacetil nitrato). Molti sono Volatile Organic Compounds (VOC/COV) e alimentano la chimica fotochimica.
  • Monossido di carbonio (CO): un capitolo a parte per diffusione e tossicità legata alla sua affinità per l’emoglobina.
  • Composti alogenati: HCl, HF, cloruri e fluoruri; storicamente anche i CFC, oggi soggetti a restrizioni globali.
  • Metalli pesanti: piombo (Pb), cadmio (Cd), arsenico (As), nichel (Ni) e, più in generale, mercurio (Hg). Anche i policiclici aromatici (HAP/PAH) rientrano tra le priorità di controllo.
  • Materiale particolato: miscela di particelle solide e liquide in sospensione, di origine diretta o secondaria, con effetti marcati sulla salute e sulla visibilità.
  • Ossidanti fotochimici: ozono (O3) in primis, ma anche aldeidi reattive e PAN, prodotti da reazioni tra NOx e COV sotto la luce solare.

Indicatori chiave di qualità dell’aria: PTS, PM10, PM2.5 e “fumo”

Il particolato è un grande contenitore che include polveri, fumi, aerosol di origine naturale e antropica. Le sorgenti principali sono traffico, processi industriali, combustione di biomassa e risospensione della polvere del suolo. Può anche formarsi da gas precursori come SO2, NOx e COV che, ossidandosi, generano particelle secondarie.

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Particelle Totali in Sospensione (PTS): in modo semplificato, includono tutte le particelle con diametro aerodinamico fino a 50 µm. Una frazione è inalabile e può incidere sulla salute, un’altra degrada la qualità della vita (sporcizia diffusa, offuscamento).

PM10 (particelle inalabili): diametro aerodinamico fino a 10 µm. A seconda della distribuzione dimensionale, si fermano nelle alte vie respiratorie o penetrano più in profondità, fino agli alveoli.

PM2.5 (frazioni fini): diametro aerodinamico fino a 2,5 µm. Queste particelle minute arrivano con facilità nella regione alveolare e sono associate a maggiori impatti sulla salute e alla morbilità cardiovascolare e respiratoria.

Fumo (FMC): parametro legato al particolato da processi di combustione. Si determina con tecniche basate sulla riflettanza della luce su filtri, quindi correlato alla fuliggine, un tracciante di combustioni incomplete.

Principali inquinanti e i loro effetti

Anidride solforosa (SO2): nasce soprattutto dalla combustione di combustibili contenenti zolfo (olio combustibile, diesel, alcune benzine). È un precursore della pioggia acida e può generare solfati secondari responsabili anche della riduzione della visibilità.

Monossido di carbonio (CO): gas incolore e inodore prodotto da combustioni incomplete (traffico, caldaie, incendi). Si lega all’emoglobina più dell’ossigeno, riducendo l’ossigenazione dei tessuti; a concentrazioni elevate è pericoloso e potenzialmente letale, soprattutto in spazi chiusi.

Ozono (O3) e ossidanti fotochimici: si formano quando NOx e COV reagiscono alla luce solare. Creano la tipica “foschia fotochimica” (smog) che abbassa la visibilità, irrita occhi e vie aeree e danneggia la vegetazione. L’ozono è “buono” in stratosfera (filtra gli UV) ma “cattivo” al suolo.

Composti Organici Volatili (COV/VOC): derivano dalla combustione incompleta e dall’evaporazione di combustibili e solventi. In contesto urbano sono comuni benzene, toluene, etilbenzene e xileni; contribuiscono alla formazione di ozono e alcuni presentano rischi specifici per la salute.

Ossidi di azoto (NOx): generati in tutti i processi di combustione; nelle grandi città il traffico è spesso la fonte principale. Il NO si ossida a NO2, coinvolto nella chimica fotochimica; il NO2 ha impatti respiratori e, insieme a SOx, contribuisce alla pioggia acida.

Piombo (Pb): un tempo dominante per via della benzina con piombo. In Brasile, la benzina è stata ripulita tra il 1989 e il 1992, con un calo drastico delle concentrazioni urbane. Oggi il Pb atmosferico è più localizzato (fonderie, produzione di batterie al piombo-acido).

Zolfo ridotto totale (ERT): include H2S, metil-mercaptano, dimetil solfuro e dimetil disolfuro. Si emettono da raffinerie, cartiere, impianti di trattamento acque e produzione di rayon-viscosa, ma anche da processi naturali di degradazione anaerobica. Odori pungenti “da uovo marcio” sono un segnale tipico, anche a basse concentrazioni.

Meteorologia e umidità: quando l’aria “non gira”

Le condizioni meteo determinano quanto gli inquinanti si diluiscono. Calme di vento, ventilazione debole e inversioni termiche a bassa quota favoriscono accumuli, fenomeno frequente nei mesi invernali di molte città (esempio classico: l’inverno nello Stato di San Paolo).

L’inversione termica si ha quando uno strato d’aria calda si “appoggia” su quello più freddo vicino al suolo, intrappolando gli inquinanti e impedendone la dispersione verticale. In queste situazioni qualunque emissione pesa di più sulla qualità dell’aria.

Con umidità relativa bassa compaiono anche problemi di benessere: secchezza delle mucose, epistassi, irritazione oculare e cutanea. Le raccomandazioni operative variano con la soglia: tra il 20% e il 30% conviene evitare attività intense all’aperto nelle ore più calde e umidificare gli ambienti.

Se l’umidità scende tra il 20% e il 12% si suggerisce di sospendere attività fisiche e lavori all’aperto nelle ore centrali, evitare affollamenti in spazi chiusi e proseguire con l’umidificazione. Sotto il 12% è opportuno interrompere attività all’esterno e mantenere gli ambienti interni umidi (camere dei bambini, ospedali, ecc.).

Piccoli accorgimenti aiutano: uso di soluzione fisiologica per occhi e narici, e idratazione abbondante, soprattutto durante gli episodi prolungati di aria secca e inquinamento.

Tipi di inquinamento ambientale oltre l’aria

La pressione antropica non riguarda solo l’atmosfera. Esistono molte forme di inquinamento che alterano suolo, acque, paesaggi sonori e visivi, con impatti ampi sulla biodiversità e sulla qualità della vita. In diversi Paesi si celebrano giornate dedicate a promuovere comportamenti meno inquinanti, contribuendo al deterioramento ambientale.

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Inquinamento del suolo

È legato a contaminazioni da chimici, reflui e rifiuti solidi: fertilizzanti, pesticidi, erbicidi, solventi, detergenti, vernici, combustibili e oli. I suoli degradati perdono fertilità e possono emettere gas nocivi, rendendo difficile o impossibile il coltivo.

Inquinamento delle acque

Coinvolge fiumi, laghi, falde e oceani per effetto di scarichi domestici, agricoli e industriali (es. fognature, oli, cellulosa, tinture, plastica). L’acqua diventa inidonea ai suoi usi, gli ecosistemi acquatici si sbilanciano e la salute pubblica è a rischio.

Inquinamento termico

Si verifica quando aria o acqua vengono riscaldate da impianti energetici (idroelettrici, termoelettrici, nucleari) o da processi di urbanizzazione, erosione e deforestazione. Il cambiamento di temperatura altera gli equilibri ecologici e può causare migrazioni, malattie e mortalità di specie adattate a climi freddi. Anche cause naturali, come eruzioni vulcaniche, possono contribuire.

Inquinamento radioattivo

È associato all’uso di materiali radioattivi (urano, stronzio, iodio, cesio, cobalto, plutonio) soprattutto nelle centrali nucleari. Eventi come Chernobyl o le bombe di Hiroshima e Nagasaki mostrano effetti di lungo periodo su salute (mutazioni, cancri) e ambiente.

Inquinamento dell’aria

Riguarda emissioni di gas, particolato e agenti biologici. Traffico e attività industriali sono i driver principali, ma esistono contributi naturali. Impatti locali (smog, inversione termica) e globali (effetto serra, cambiamento climatico) sono ben documentati.

Inquinamento acustico

Il rumore eccessivo (oltre ~50 dB, secondo OMS) è nocivo per umani e animali. Nelle grandi città la somma di traffico, cantieri, attività commerciali e mezzi pesanti pesa sul benessere mentale e fisico (stress, insonnia, cefalee, difficoltà di concentrazione); in certi contesti è considerato reato ambientale. Per approfondire cause e soluzioni vedi inquinamento acustico.

Inquinamento visivo

Deriva da un overload di segnali visivi (insegne, cartelloni, cavi, graffiti, accumuli di rifiuti). Compromette l’armonia dello spazio urbano, distrae alla guida e affatica la vista, con ricadute psicologiche. Alcune città adottano regolamenti restrittivi per ridurre l’eccesso informativo; per i dettagli sulle cause ed effetti vedi inquinamento visivo.

Cause dell’inquinamento dell’aria

Secondo la definizione OMS, la poluzione atmosferica scaturisce dall’emissione di sostanze che alterano le caratteristiche naturali dell’aria: polveri e fumi (particolato), agenti biologici, gas. Le cause si possono dividere in due grandi gruppi.

  • Cause antropiche: crescita urbana, traffico e combustibili fossili, attività industriali e centrali elettriche; pratiche agricole (ad es. fertilizzanti che rilasciano ammoniaca), gestione inadeguata dei rifiuti e incendi.
  • Cause naturali: eruzioni vulcaniche (emissioni di zolfo), incendi spontanei, trasporto eolico di polveri desertiche, emissioni biogeniche (metano da ruminanti) e decomposizione della materia organica.

Classi di inquinanti atmosferici per sostanza

Clorofluorocarburi (CFC): composti sintetici di cloro, fluoro e carbonio un tempo comuni in spray, refrigeranti e antincendio. Reagiscono con l’ozono stratosferico e ne assottigliano lo strato; per questo sono stati vietati a livello globale con il Protocollo di Montreal (1987), con fasi attuative differenziate (es. stop totale in Brasile nel 2007).

Anidride carbonica (CO2): prodotta in grandi quantità dalla combustione di fossili e presente anche nei cicli biologici (respirazione, fotosintesi). È il principale gas serra di lunga permanenza legato alle attività umane e un indicatore della performance di caldaie e processi termici.

Monossido di carbonio (CO): inodore, incolore e insapore; la sua pericolosità sta nella difficoltà di rilevarlo senza strumenti e nella tossicità sistemica. La prevenzione passa da dispositivi di analisi dei fumi e da una buona regolazione della combustione.

Ossidi di zolfo (SOx: SO2, SO3): provengono da combustione di carbone e derivati del petrolio, processi industriali e, naturalmente, da vulcani e decomposizione. Precipitano sotto forma di acidi sul suolo e sulle acque, con danni diffusi.

Ossidi di azoto (NOx): originati da combustioni in motori e impianti termici. Determinano smog fotochimico, piogge acide e problemi respiratori, soprattutto nelle aree urbane congestionate.

Idrocarburi e materiale particolato

Idrocarburi (HC): sostanze organiche a base di carbonio e idrogeno (talvolta con ossigeno). Si generano da combustione incompleta (legno, bagassa di canna, oli combustibili, gas vari) e dai combustibili fossili stessi. La loro ossidazione parziale e le reazioni fotochimiche li rendono protagonisti delle miscele urbane inquinate.

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Materiale particolato: oltre al traffico diesel (che emette particolato primario), conta l’usura di freni e pneumatici e molte lavorazioni industriali. È associato all’aggravamento di asma e bronchiti, irritazioni e infezioni respiratorie. Ridurre le emissioni di precursori gassosi (SO2, NOx, COV) aiuta a tagliare anche la frazione secondaria.

Fonti, controllo e riferimenti normativi

Le fonti emissive sono numerose e non tutte “umane”: traffico stradale, industrie, cantieri, agricoltura, ma anche vulcani, incendi naturali e tempeste di sabbia. Per evitare il degrado della qualità dell’aria, le normative fissano obiettivi e limiti per inquinanti prioritari.

Un esempio è il Decreto-Lei n.º 102/2010 (Portogallo), che definisce obiettivi e valori limite per SO2, NO2, NOx, benzene, CO, O3, PM10, PM2.5 e, per la frazione particolata, Pb, As, Cd, Ni, Hg e HAP. Sono previsti valori di allerta e informazione, obiettivi di lungo termine e limiti di emissione per le sorgenti più rilevanti, così da ridurre concentrazioni e impatti su salute e ambiente.

In parallelo, si adottano interventi di controllo delle emissioni (filtri, combustibili più puliti, ottimizzazione dei processi), piani di qualità dell’aria e monitoraggi capillari. La posta in gioco include problemi locali (smog) e globali (alterazione dell’ozono stratosferico e clima), quindi la strategia richiede coordinamento multi-livello.

Effetti su salute, ecosistemi e clima

L’inquinamento atmosferico comporta effetti a breve, medio e lungo termine. Sulla salute: irritazione oculare e delle vie aeree, tosse secca, allergie, aggravamento di asma e bronchiti; nei casi gravi, enfisema e alcuni tumori (polmone, vescica). La vulnerabilità è maggiore per bambini, anziani e persone con patologie croniche.

Sugli ecosistemi, l’aumento degli inquinanti favorisce piogge acide che alterano il pH di suoli e acque, danneggiano colture e foreste e corrodono materiali ed edifici. A livello climatico, l’inquinamento intensifica l’effetto serra e accelera i cambiamenti climatici, oltre a innescare fenomeni microclimatici locali come l’inversione termica.

Come ridurre la poluzione dell’aria

Le leve sono tecniche, comportamentali e politiche. Scelte di mobilità (più trasporto pubblico e biciclette), elettrificazione e biocarburanti riducono i gas nocivi; nei contesti domestici occorre evitare apparecchiature inquinanti e la combustione dei rifiuti.

Nelle città, servono aree verdi e riforestazione per assorbire CO2, mentre industrie e centrali devono ottimizzare i processi, installare sistemi di abbattimento e migliorare l’efficienza (anche con analizzatori di gas per regolare la combustione e tagliare CO e CO2). Le politiche pubbliche fissano limiti, monitoraggi e piani di rientro.

Qualità dell’aria in Brasile: un caso di studio

I monitoraggi dell’Instituto de Energia e Meio Ambiente (IEMA) mostrano che San Paolo e Rio de Janeiro registrano molti giorni sotto gli standard OMS, con concentrazioni critiche di particolato e ozono. Anche Belo Horizonte ha avuto periodi con PM elevato, mentre Salvador e Porto Alegre sono risultate più virtuose (dati 2020).

Non tutte le capitali sono coperte (assenze di monitoraggio a Goiânia e nel Distretto Federale). Un fattore aggravante è l’aumento di incendi in Amazzonia e Pantanal, le cui particelle, sospinte dai venti, raggiungono altre regioni e possono causare eventi come la “pioggia nera”, segnale di fuliggine diffusa in atmosfera; vedi l’analisi sugli incendi in Amazzonia.

Prendere sul serio il tema significa passare da diagnosi a soluzioni: ridurre combustioni e fughe di precursori, gestire le emissioni diffuse, usare energia più pulita e rafforzare il monitoraggio dove mancano dati continui. Non è un compito semplice, ma gli strumenti per intervenire esistono e funzionano.

Guardando l’insieme, emerge un quadro coerente: dai poluenti primari ai secondari, dalle famiglie chimiche alle misure pratiche, dalle condizioni meteo alle norme, tutto concorre a spiegare perché certe città soffrono di smog e come si può cambiare rotta. Mettere ordine tra fonti, processi, effetti e rimedi è il primo passo per respirare meglio, proteggere la salute e contenere gli impatti sul clima.

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