Che cos’è la farmacocinetica? ADME, vie, metabolismo e clinica

Última actualización: novembro 23, 2025
  • La farmacocinetica (ADME) guida dose, via e intervallo di somministrazione.
  • Biodisponibilità e primo passaggio variano tra orale, parenterale, mucose e transdermica.
  • Metabolismo (CYP450, Fase I/II) e trasportatori (P‑gp/ABCB1) determinano interazioni.
  • Clearance, emivita e Vd consentono personalizzazione e sicurezza terapeutica.

Concetti di farmacocinetica

La farmacocinetica è il ramo della farmacologia che spiega come il corpo tratta i farmaci nel tempo; comprendere questo “viaggio” è fondamentale per ottenere efficacia terapeutica e prevenire effetti indesiderati. In poche parole, non è magia ma scienza: il farmaco entra, si distribuisce, viene trasformato e alla fine eliminato.

Nella pratica clinica, questo sapere guida la scelta della dose, dell’intervallo tra le somministrazioni, della via di somministrazione e delle combinazioni più sicure; il quadro completo è spesso riassunto nell’acronimo ADME: Assorbimento, Distribuzione, Metabolismo ed Eliminazione. Lungo il percorso, fattori del paziente (età, sesso, peso, funzionalità d’organo, abitudini come alcol e fumo) e del farmaco (solubilità, carica, formulazione) possono cambiare radicalmente gli esiti.

Che cos’è la farmacocinetica?

In termini semplici, la farmacocinetica descrive come un principio attivo si muove nell’organismo dal momento in cui lo assumiamo fino alla completa eliminazione; serve a capire se un farmaco supera le barriere fisiologiche, raggiunge i tessuti bersaglio in quantità adeguata e per quanto tempo rimane attivo. È complementare alla farmacodinamica, che studia cosa il farmaco fa al corpo (recettori, meccanismo d’azione, effetto terapeutico).

Già nelle prime fasi si valutano elementi decisivi: per esempio, alcuni farmaci orali come l’omeprazolo si assorbono meglio a digiuno, mentre la via endovenosa garantisce disponibilità immediata. Capire questi dettagli consente di ottimizzare posologia e orari di assunzione per massimizzare la risposta clinica.

ADME farmacocinetica

Le fasi della farmacocinetica (ADME)

Assorbimento

L’assorbimento è il passaggio del farmaco dal sito di somministrazione alla circolazione sistemica; questo step è influenzato dal pH locale (acido nello stomaco, più basico nell’intestino), dal flusso ematico, dalla motilità gastrointestinale, dalla presenza di cibo e dalle proprietà fisico-chimiche del composto. Ambiente acido o basico possono ostacolare o favorire l’ingresso del farmaco in base alla sua ionizzazione.

Due concetti cardine governano questa tappa: permeazione e solubilità. Molecole neutre e relativamente lipofile attraversano con più facilità le membrane lipidiche dell’epitelio gastrointestinale; al contrario, molecole molto idrofile o cariche negative tendono ad assorbirsi peggio se somministrate per via orale.

Biodisponibilità

La biodisponibilità è la frazione di dose che raggiunge la circolazione sistemica in forma immodificata; dipende dalla via di somministrazione, dal metabolismo di primo passaggio (soprattutto nel fegato dopo assorbimento intestinale) e da fattori del paziente. Per via endovenosa la biodisponibilità è, per definizione, del 100%, mentre per via orale può ridursi significativamente proprio a causa del “first pass” epatico.

Vie di somministrazione

Si distinguono vie enterali ed extra-enterali (parenterali) insieme a percorsi alternativi su mucose e cute; la scelta della via è strategica perché modifica sia la velocità d’azione sia la quota di farmaco che effettivamente arriva nel sangue. Ogni via ha pro e contro che vanno incrociati con il profilo del paziente.

Via enterale (orale e rettale): la somministrazione orale è pratica e poco costosa, ma il farmaco deve tollerare l’acidità gastrica e l’ambiente più basico intestinale. Per favorire l’assorbimento intestinale, molte molecole efficaci sono neutre e moderatamente lipofile. Dopo l’assorbimento, passano nel sistema portale e raggiungono il fegato, dove subiscono il metabolismo di primo passaggio; ciò riduce la biodisponibilità rispetto alla dose ingerita.

Vie parenterali (endovenosa, intramuscolare, sottocutanea, intradermica): la via EV garantisce effetto rapidissimo perché introduce il farmaco direttamente nel torrente ematico (per esempio, per capire il tempo di insorgenza del diazepam). La via IM, grazie a un tessuto ben vascolarizzato, offre un profilo d’azione più rapido della SC; la SC, in un tessuto relativamente poco perfuso come l’adipe, mostra un assorbimento più lento. In ogni caso, rispetto all’orale, non c’è metabolismo di primo passaggio e la biodisponibilità risulta maggiore.

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Membrane mucose (sublinguale, nasale, oculare) e via transdermica: le mucose, altamente vascolarizzate, consentono assorbimento veloce e ridotti rischi di infezione. La via transdermica, invece, è ideale quando serve rilascio lento e prolungato (classici gli adesivi alla nicotina) con assorbimento dalla cute direttamente nel circolo.

Vantaggi e svantaggi (in breve)

Orale: facile da usare, ma con variabilità dell’assorbimento e riduzione per primo passaggio; parenterale: biodisponibilità alta e tempi rapidi, richiede personale e condizioni asettiche; mucose: assorbimento celere, pratiche in alcune situazioni; transdermica: rilascio controllato, non adatta a tutti i principi attivi.

Distribuzione

Dalla circolazione sistemica, il farmaco si sposta tra i fluidi corporei e i tessuti; organi ad alto flusso (fegato, reni) ricevono per primi quantità maggiori, poi la molecola si ripartisce più lentamente nei distretti meno perfusi. Questo processo determina quanto farmaco arriva ai siti d’azione e per quanto tempo.

Una quota dei farmaci si lega a proteine plasmatiche (soprattutto albumina); solo la frazione libera è in grado di attraversare le membrane e interagire con i recettori. Il legame a proteine funziona come “serbatoio”: quando la frazione libera cala, il farmaco si stacca dalle proteine e prosegue la distribuzione. Inoltre, talvolta il farmaco si accumula in tessuti adiposi o muscolari, rilasciandosi gradualmente nel tempo.

Metabolismo

Il fegato è l’organo cardine della biotrasformazione; qui il farmaco può essere reso più idrosolubile per essere eliminato, inattivato o, in alcuni casi, attivato (pro-farmaci). Anche reni, polmoni e intestino possono contribuire, ma in misura minore.

Le reazioni metaboliche si dividono in due fasi: Fase I (ossidazione/riduzione) e Fase II (coniugazione/idrolisi). Le reazioni di Fase I sono spesso catalizzate dal sistema enzimatico del citocromo P450, aggiungono o espongono gruppi funzionali; la Fase II coniuga il composto con gruppi grandi e polari (come glucuronide, solfato, glutatione, acetato) per aumentarne la solubilità ed eliminarlo con più facilità in urina o bile.

Le interazioni farmacologiche contano: induttori (es. alcuni barbiturici) accelerano il metabolismo, mentre inibitori lo rallentano. Conoscere quali farmaci inducono o inibiscono specifiche isoforme del CYP è un prerequisito per associare terapie in modo sicuro e dosare correttamente.

Le interazioni farmacologiche contano: induttori (es. alcuni barbiturici) accelerano il metabolismo, mentre inibitori lo rallentano. Conoscere quali farmaci inducono o inibiscono specifiche isoforme del CYP è un prerequisito per associare terapie in modo sicuro e dosare correttamente.

Eliminazione

L’eliminazione avviene soprattutto a livello renale e biliare; la via renale è la più comune e dipende da filtrazione glomerulare, secrezione e riassorbimento tubulare. La via biliare utilizza trasportatori specifici e può includere il ricircolo enteroepatico.

Escrezione renale: la filtrazione glomerulare rimuove dal plasma la frazione libera (le proteine non filtrano); nel tubulo prossimale avvengono processi di secrezione per anioni organici (OAT) e cationi organici (OCT), oltre alla secrezione mediata da pompe di efflusso come la P‑glicoproteina (P‑gp). Esempi: digossina è secreta dalla P‑gp e l’interazione con inibitori come chinidina, verapamil o ciclosporina A può aumentarne la concentrazione.

Il pH intraluminale modula il riassorbimento: in ambiente acido si favorisce il riassorbimento degli acidi deboli, mentre un’urina alcalina “intrappola” acidi come i salicilati (utile nelle intossicazioni da aspirina). La velocità di filtrazione glomerulare (TFG) condiziona la depurazione: infiammazioni glomerulari che aumentino la pressione capillare possono aumentare la filtrazione di farmaci. Per i farmaci eliminati quasi esclusivamente per filtrazione, le emivite tipiche sono 1–4 ore, ma aumentano se il legame proteico è elevato.

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Escrezione biliare: mediata da membri della superfamiglia dei trasportatori ABC, convoglia i farmaci nella bile e poi nell’intestino; alcuni composti possono essere riassorbiti nel tenue e rientrare in circolo (ricircolo enteroepatico), prolungando la permanenza nell’organismo; un esempio pratico è l’uso e la gestione di composti come l’acido ursodeossicolico in patologie biliari.

Altre vie: feci (composti non assorbiti o secreti nella bile), polmoni (volatili), sudore, saliva, lacrime e latte materno. Anche queste rotte possono avere rilevanza clinica in situazioni specifiche.

Proprietà fisico‑chimiche e trasporto attraverso le membrane

Per oltrepassare barriere biologiche fatte di membrane lipoproteiche, le molecole necessitano di un equilibrio tra lipofilia e idrofilia; il coefficiente di ripartizione ottanolo/acqua (P) e il suo logaritmo (logP) descrivono questa tendenza. Valori di logP troppo bassi limitano la permeazione; troppo alti favoriscono la ritenzione nella membrana. Per molti farmaci efficaci si considera ideale un logP all’incirca tra 2 e 5.

Conta anche lo stato di ionizzazione, governato dal pKa e dal pH del mezzo (equazione di Henderson–Hasselbalch); gli acidi deboli in ambiente fortemente acido (come lo stomaco) tendono a essere non ionizzati e quindi più liposolubili, attraversando meglio le membrane. Una volta nel plasma (pH più alcalino), diventano più ionizzati e quindi più idrosolubili, con minore tendenza a diffondere all’indietro.

Non tutti i farmaci passano per semplice diffusione: alcune molecole (es. peptidi, aminoacidi e analoghi) sfruttano trasportatori di membrana. Le grandi famiglie comprendono ABC (ATP‑Binding Cassette), SLC e SLCO, espresse in barriere come intestino, fegato, barriera ematoencefalica, placenta, ghiandole mammarie e reni.

La P‑glicoproteina (P‑gp) è un famoso trasportatore di efflusso con ruolo “protettivo” contro l’accumulo intracellulare di xenobiotici; la sua attività condiziona assorbimento intestinale e penetrazione nel sistema nervoso centrale. Varianti genetiche possono modulare l’espressione della P‑gp, spiegando in parte le differenze individuali di risposta (es. assorbimento variabile della digossina).

Interazioni con trasportatori: il paracetamolo è riportato come substrato della proteina ABCB1 e può anche inibirla, alterando l’assorbimento di altri substrati della stessa famiglia; la caffeina è nota come inibitore della P‑gp, con potenziali effetti sulle concentrazioni tissutali di co‑somministrati. Farmaci come la levodopa, invece, sfruttano trasportatori di aminoacidi per attraversare barriere specifiche.

Interazioni clinicamente rilevanti: inibitori e induttori del CYP possono modificare molto l’esposizione sistemica, così come gli inibitori/induttori di trasportatori (ABCB1/P‑gp). Sapere che la digossina è substrato della P‑gp e che farmaci come verapamil o chinidina ne aumentano le concentrazioni guida controlli e aggiustamenti; questo vale anche per classi come i benzodiazepinici.

Parametri clinici chiave e decisioni terapeutiche

La biodisponibilità (F), il volume di distribuzione (Vd), la clearance (Cl) e l’emivita (t½) sono i pilastri che collegano la farmacocinetica alla prescrizione; da questi parametri derivano la dose, l’intervallo di somministrazione e il tempo necessario a raggiungere lo steady‑state. Quando la velocità di ingresso del farmaco eguaglia la velocità di eliminazione, si raggiunge lo stato stazionario tipicamente in 4–5 emivite.

La clearance misura l’efficienza complessiva con cui l’organismo “ripulisce” il farmaco; metabolismo ed escrezione la determinano e, riducendo la concentrazione plasmatica, accorciano il tempo in cui il farmaco rimane efficace. L’emivita, tempo necessario perché la concentrazione plasmatica si dimezzi, guida la frequenza delle dosi per restare nella finestra terapeutica.

Il volume di distribuzione riflette quanto il farmaco si “spande” nei tessuti; tessuti muscolari ridotti (come spesso negli anziani) tendono a ridurre il Vd e l’emivita, mentre l’obesità può aumentarli. Il legame a proteine plasmatiche riduce la quota libera disponibile; la competizione fra farmaci per lo stesso “sito” proteico può aumentare transitoriamente la frazione libera di quello con minor affinità, ma in clinica questi effetti non sempre risultano rilevanti.

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Adattamenti posologici sono cruciali in insufficienza renale ed epatica; riduzioni della TFG o della funzionalità metabolica impongono rimodulazioni di dose e intervallo per evitare accumulo e tossicità, come richiesto per la clomipramina. L’uso di modelli farmacocinetici e il monitoraggio terapeutico aiutano a mantenere concentrazioni plasmatiche efficaci e sicure.

Implicazioni cliniche, personalizzazione e tendenze

La farmacocinetica abbraccia la pratica quotidiana: indica quando e quanto somministrare, come prevenire interazioni e perché alcuni pazienti necessitano schemi alternativi. Con più farmaci in terapia, sapere come si “incontrano” a livello di metabolismo, trasporto ed eliminazione riduce il rischio di eventi avversi.

La variabilità individuale conta: la farmacogenetica studia i polimorfismi che influenzano metabolismo ed espressione dei trasportatori, aprendo a trattamenti ritagliati su misura. Anche età, comorbilità e stili di vita cambiano il profilo ADME, imponendo decisioni dosimetriche personalizzate.

Strumenti avanzati stanno rivoluzionando il campo: la modellistica farmacocinetica basata su dati reali aiuta a prevedere concentrazioni e a personalizzare le terapie. La nanotecnologia, con sistemi di rilascio controllato e veicolazione mirata, promette assorbimenti migliori e distribuzioni più precise.

Farmacocinetica ed esempi pratici

Somministrazione e assorbimento: l’omeprazolo assunto a digiuno migliora l’assorbimento e l’efficacia clinica. La scelta tra orale, parenterale, mucose o transdermica dipende da obiettivo terapeutico, urgenza, aderenza e accesso venoso.

Interazioni clinicamente rilevanti: inibitori e induttori del CYP possono modificare molto l’esposizione sistemica, così come gli inibitori/induttori di trasportatori (ABCB1/P‑gp). Sapere che la digossina è substrato della P‑gp e che farmaci come verapamil o chinidina ne aumentano le concentrazioni guida controlli e aggiustamenti.

Gestione della tossicità: l’alcalinizzazione delle urine nelle intossicazioni da salicilati limita il riassorbimento tubulare e ne accelera l’eliminazione. Analogamente, modulare la diuresi o valutare la dializzabilità del composto può essere decisivo in urgenza (o l’uso della naloxona in overdose da oppiacei).

Domande frequenti

Che cos’è, in pratica, la farmacocinetica?

È lo studio di come i farmaci vengono assorbiti, distribuiti, metabolizzati ed eliminati; lo schema ADME aiuta a prevedere concentrazioni ed effetti nel tempo. È la base per impostare dosi e intervalli adeguati.

Quali fattori influenzano l’assorbimento?

Via di somministrazione, pH e motilità GI, flusso ematico locale, cibo e caratteristiche del farmaco (solubilità, carica, stabilità); per endovena l’assorbimento è immediato, per os può essere lento e variabile.

Cosa determina la distribuzione nei tessuti?

Flusso sanguigno, permeabilità delle membrane e legame a proteine plasmatiche; solo la quota libera attraversa le barriere e raggiunge i recettori. Esistono “serbatoi” tissutali che rilasciano gradualmente il farmaco.

Che ruolo hanno le fasi I e II del metabolismo?

La Fase I (spesso CYP450) modifica strutture chimiche, la Fase II coniuga per aumentare la solubilità; insieme facilitano l’eliminazione e possono attivare pro‑farmaci. Induttori e inibitori cambiano l’esposizione sistemica.

Come avviene l’eliminazione?

Principalmente per via renale (filtrazione, secrezione, riassorbimento) e biliare con possibile ricircolo enteroepatico; urina, feci, aria espirata, sudore, saliva, lacrime e latte materno completano le vie.

Cos’è la clearance e perché conta?

È la capacità complessiva dell’organismo di “depurare” il farmaco; insieme a volume di distribuzione ed emivita guida dose e intervallo. Lo steady‑state si raggiunge in genere dopo 4–5 emivite.

Perché due pazienti reagiscono in modo diverso alla stessa dose?

Genetica, età, massa muscolare, obesità, funzionalità epatica/renale, comorbilità e interazioni modificano ADME; la personalizzazione della terapia riduce rischi e massimizza l’efficacia.

Vale la pena ribadire che il percorso ADME, i trasportatori di membrana, le trasformazioni epatiche e i meccanismi di eliminazione sono la bussola che orienta dosi, orari e combinazioni terapeutiche. Tenere insieme proprietà chimiche (logP, pKa), variabilità biologica (polimorfismi, età, funzionalità d’organo) e strumenti moderni (modellistica e nanotecnologie) consente di curare meglio, con meno rischi e più probabilità di centrare l’obiettivo clinico.

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