Calore specifico: definizione, caratteristiche ed esempi

Última actualización: novembro 19, 2025
  • Definizione operativa di calore specifico e sue unità (J/(kg·K) e cal/(g·°C)).
  • Formule chiave: c = Q/(m·ΔT), C = Q/ΔT e c = C/m, con ΔT = Tf − Ti.
  • Tabelle di valori tipici, differenze tra materiali e casi d’uso reali.
  • Distinzione tra calore sensibile (Q = m·c·ΔT) e calore latente (Q = m·L).

Concetto di calore specifico

Quando parliamo di come le sostanze si riscaldano o si raffreddano, il protagonista è il calore specifico: una proprietà intrinseca che dice quanta energia serve per modificare la temperatura di una certa quantità di materiale. Non tutti i materiali reagiscono allo stesso modo al calore, e questa differenza spiega tanti fenomeni di tutti i giorni, dalla sabbia rovente in spiaggia all’acqua del mare che resta più fresca.

In termini pratici, il calore specifico ci permette di prevedere quanto velocemente un corpo aumenta o diminuisce la propria temperatura quando scambia energia termica. È una grandezza fondamentale in fisica, chimica, meteorologia e ingegneria: dalle caldaie domestiche ai radiatori delle auto, passando per il clima globale e i processi industriali, conoscere il calore specifico fa davvero la differenza.

Che cos’è il calore specifico

Il calore specifico è la quantità di calore necessaria per far variare di 1 °C la temperatura di 1 g di una sostanza (o di 1 kg, nel Sistema Internazionale). Questa grandezza caratterizza ogni materiale: per la stessa energia fornita, sostanze diverse mostrano variazioni di temperatura differenti.

Nel SI, il calore specifico si misura in J/(kg·K), mentre in contesti didattici e applicazioni pratiche si usa spesso cal/(g·°C). Tieni a mente che, nelle trasformazioni dove c’è scambio termico senza cambiamenti di fase, il calore specifico fornisce una buona idea di quanto una sostanza sia “sensibile” alle variazioni di temperatura.

Attenzione: l’uso del termine “variazione di 1 °C” indica una differenza di temperatura, non necessariamente un riscaldamento; la variazione può essere anche un raffreddamento, e il calore scambiato sarà negativo nel bilancio energetico.

Formula del calore specifico

Per calcolare il calore specifico si utilizza la relazione fondamentale: c = Q / (m·ΔT), dove Q è la quantità di calore, m la massa e ΔT la variazione di temperatura. Questa espressione quantifica, per unità di massa, l’energia necessaria a modificare di un certo intervallo la temperatura della sostanza.

È utile ricordare che la variazione di temperatura si calcola come ΔT = Tf − Ti, con Tf temperatura finale e Ti temperatura iniziale. Le unità più comuni sono Joule e caloria per il calore, chilogrammo o grammo per la massa, e Kelvin o Celsius per la temperatura, con 1 cal ≈ 4,186 J (talvolta, per semplicità nei problemi, si usa 1 cal = 4 J).

Esiste anche il legame con la capacità termica totale di un corpo, definita come C = Q/ΔT. Poiché c è la capacità per unità di massa, vale c = C/m, una relazione molto pratica quando si conosce la capacità termica complessiva e la massa del campione.

Tabella dei valori di calore specifico

Ogni sostanza possiede un proprio valore caratteristico di c. Nella tabella seguente trovi alcuni materiali di uso comune con il loro calore specifico espresso in cal/(g·°C) (valori tipici a condizioni standard):

Sostanza Calore specifico (cal/g·°C)
Acqua 1,00
Alcol etilico 0,58
Alluminio 0,22
Aria 0,24
Sabbia 0,20
Carbonio 0,12
Piombo 0,03
Rame 0,09
Ferro 0,11
Ghiaccio 0,50
Idrogeno 3,40
Legno 0,42
Azoto 0,25
Ossigeno 0,22
Vetro 0,16

Il valore 1 cal/(g·°C) per l’acqua significa che ogni grammo di acqua necessita di 1 caloria per aumentare (o diminuire) la propria temperatura di 1 °C. È per questo che l’acqua “risponde” lentamente al riscaldamento, mentre metalli come l’alluminio si scaldano e si raffreddano più in fretta.

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Osservando i numeri, la sabbia ha un calore specifico circa cinque volte inferiore a quello dell’acqua: non sorprende che in spiaggia la sabbia diventi bollente sotto il sole, mentre l’acqua del mare rimanga significativamente più fresca.

Calore specifico molare

Talvolta conviene riferirsi alla quantità di sostanza in mol anziché in massa. In questo caso si parla di calore specifico molare (o capacità calorifica molare), espresso tipicamente in cal/(mol·°C). Serve a indicare quanto calore bisogna fornire a 1 mol di sostanza per ottenere una variazione di 1 °C.

Ricorda che 1 mol corrisponde a circa 6,02 × 1023 entità elementari (atomi, molecole, ecc.). La formula di calcolo è formalmente analoga a quella per c, ma le unità cambiano perché si normalizza rispetto ai mol invece che alla massa.

Questa forma è utile in chimica e termodinamica statistica, dove il comportamento energetico è spesso analizzato per mole e confrontato fra sostanze con masse molari molto diverse.

Fattori che influenzano il calore specifico

Il valore del calore specifico non è immutabile: può dipendere da temperatura, pressione e purezza del materiale, oltre che dalla sua struttura microscopica. Alcuni elementi chiave aiutano a interpretare le differenze tra sostanze.

  • Forze intermolecolari: legami più forti richiedono più energia per riorganizzare i moti interni; sostanze con legami a idrogeno tendono ad avere c elevato.
  • Impurezze: la presenza di impurità modifica la struttura e può alterare significativamente il valore di c.
  • Massa molare: a parità di altre condizioni, differenze nella massa molare si riflettono nella quantità di energia necessaria per variare la temperatura.
  • Gradi di libertà: in termodinamica, il calore specifico molare dipende dai gradi di libertà disponibili (traslazione, rotazione, vibrazione), che determinano come l’energia si distribuisce all’interno delle molecole.

In sintesi, le caratteristiche microscopiche governano la risposta macroscopica: ecco perché l’acqua, grazie alle sue interazioni, può assorbire molta energia senza variare rapidamente la temperatura.

Calore sensibile e calore latente

Quando scaldiamo o raffreddiamo un corpo, l’energia può andare a cambiare la temperatura (calore sensibile) o lo stato fisico (calore latente). Questi due aspetti sono distinti e ognuno ha la propria formula operativa.

Il calore sensibile è l’energia necessaria per variare la temperatura senza cambiamenti di fase: Q = m·c·ΔT. È la relazione più usata per calcolare di quanto si scalda un corpo ricevendo una certa quantità di calore.

Il calore latente è l’energia necessaria per un cambiamento di fase a temperatura costante (per esempio, fusione o ebollizione): Q = m·L, dove L è il calore latente specifico (di fusione Lf o di vaporizzazione Lv). Durante la fase di transizione, la temperatura resta costante, mentre l’energia fornita o sottratta cambia la struttura del materiale.

Sostanza Punto di fusione (°C) Lf (J/kg) Punto di ebollizione (°C) Lv (J/kg)
Acqua 0 3,33 × 105 100 2,26 × 106
Alcol (etanolo) −114 1,04 × 105 78 8,54 × 105
Alluminio 660 3,97 × 105 2450 1,14 × 107
Argento 961 8,82 × 104 2193 2,33 × 106
Oro 1063 6,44 × 104 2660 1,58 × 106

Questi valori permettono di stimare, ad esempio, l’energia necessaria a far evaporare una certa massa d’acqua già alla temperatura di ebollizione: per 10 kg d’acqua, Q = Lv·m = 2,26×106 · 10 = 2,26×107 J.

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Se invece l’acqua fosse inizialmente più fredda, bisognerebbe prima fornire il calore sensibile per portarla a 100 °C, e solo dopo fornire il calore latente per la vaporizzazione.

Esempi e applicazioni nella vita reale

Perché la sabbia scotta e l’acqua no? Perché la sabbia ha c ~0,20 cal/(g·°C), molto più basso dell’acqua (1,00 cal/(g·°C)). A parità di energia solare assorbita, la temperatura della sabbia sale molto di più rispetto a quella del mare: ecco perché di giorno la sabbia è rovente, mentre l’acqua resta relativamente fresca.

Di notte, il processo si inverte: la sabbia, con bassa capacità di immagazzinare calore, si raffredda in fretta, mentre il mare rilascia lentamente l’energia accumulata durante il giorno e rimane tiepido. Questo comportamento differenziato alimenta fenomeni come la brezza di mare e di terra, regolati proprio dalle diverse velocità di riscaldamento e raffreddamento.

Nei sistemi tecnologici, l’acqua è spesso usata come fluido termovettore (in impianti di riscaldamento, radiatori automobilistici e persino nei reattori nucleari), perché può trasportare molto calore per piccole variazioni di temperatura. Tra i metalli, invece, l’alluminio ha un c relativamente alto e ottima conducibilità termica, quindi è ideale per dissipatori di calore e scambiatori.

Anche in climatologia il grande calore specifico degli oceani è determinante: variazioni della temperatura superficiale marina modulano gli scambi energetici con l’atmosfera, influenzando fenomeni su larga scala come El Niño, con ripercussioni importanti sui pattern meteorologici globali.

Esercizi svolti e domande tipiche

Di seguito alcuni problemi classici, con passaggi chiave e risultati, per vedere il calore specifico “in azione” nei conti. Le soluzioni mostrano come usare c = Q/(m·ΔT) e le relazioni col calore sensibile e con la capacità termica.

Quesito 1 (fenomeno sabbia-mare) — Un bagnante nota che di giorno la sabbia è caldissima e il mare è freddo; di notte la sabbia è fredda e l’acqua è tiepida. La spiegazione corretta è che il calore specifico della sabbia è molto più basso di quello dell’acqua, quindi a parità di energia la sabbia cambia temperatura più velocemente (risposta equivalente: csabbia < cacqua).

Quesito 2 (UFPR) — Per scaldare 500 g di una sostanza da 20 °C a 70 °C servono 4000 cal. La capacità termica totale e il calore specifico valgono rispettivamente? Calcolo: ΔT = 50 °C, quindi C = Q/ΔT = 4000/50 = 80 cal/°C. Poi c = C/m = 80/500 = 0,16 cal/(g·°C). Risposta: 80 cal/°C e 0,16 cal/(g·°C).

Quesito 3 (UFU) — 240 g d’acqua (c = 1 cal/(g·°C)) assorbono 200 W di potenza come calore. Con 1 cal = 4 J, quanto tempo serve per aumentare la temperatura di 50 °C? Prima calcolo Q come calore sensibile: Q = m·c·ΔT = 240·1·50 = 12.000 cal. Convertendo in Joule, 12.000 cal ≈ 48.000 J. Con P = 200 J/s, il tempo è t = Q/P = 48.000/200 = 240 s = 4 minuti.

Quesito 4 (PUC-RS) — Un corpo A di 200 g passa da 20 °C a 50 °C assorbendo 1200 cal rimanendo solido. Qual è il calore specifico della stessa sostanza (corpo B con massa doppia)? Si usa Q = m·c·ΔT: 1200 = 200·c·(50−20) = 200·c·30 ⇒ 1200 = 6000·c ⇒ c = 0,20 cal/(g·°C). Il valore non dipende dalla massa, quindi è identico per B.

Capacità termica e legame con c

La capacità termica C misura quanta energia occorre per variare di 1 °C la temperatura di un corpo intero, qualunque sia la sua massa. Dalla definizione C = Q/ΔT, ricaviamo che c = C/m, cioè la capacità per unità di massa è proprio il calore specifico.

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Esempio numerico: un oggetto assorbe 100 cal e si scalda di 25 °C. Allora C = 100/25 = 4 cal/°C. Se lo stesso oggetto ha massa 10 g, il suo calore specifico è c = 4/10 = 0,4 cal/(g·°C). Ciò significa che per variare di 1 °C la temperatura di 1 g di quella sostanza servono 0,4 cal.

Questo collegamento è utile quando disponiamo di misure dirette di Q e della variazione di temperatura del corpo nel suo complesso, ma vogliamo risalire alla proprietà intrinseca per unità di massa.

Unità di misura e conversioni utili

Nel Sistema Internazionale si preferiscono Joule, chilogrammi e Kelvin, ma è pratica comune incontrare calorie, grammi e gradi Celsius. Per passare dall’uno all’altro: 1 cal ≈ 4,186 J (oppure 4 J nei problemi semplificati), 1 g = 0,001 kg, e T(K) = T(°C) + 273,15.

La formula resta la stessa anche cambiando unità; l’importante è mantenere la coerenza delle unità in tutti i termini. Se Q è in Joule e la massa in kg, c sarà in J/(kg·K); se Q è in cal e la massa in g, c sarà in cal/(g·°C).

Nella pratica didattica, molte tabelle riportano c in cal/(g·°C), perché storicamente il calore veniva misurato in calorie; oggi, per applicazioni ingegneristiche, è raccomandata la forma in J/(kg·K).

Attenzioni concettuali

Un equivoco comune è pensare che il calore specifico indichi sempre un “aumento” di temperatura di 1 °C; in realtà, si riferisce a una variazione di 1 °C in valore assoluto. Questo dettaglio è cruciale nelle analisi termiche dove i corpi possono raffreddarsi trasferendo calore all’ambiente.

Un altro punto importante: materiali con calore specifico basso (come oro o piombo) sono molto “reattivi” ai cambiamenti termici, perché basta poca energia per modificare la loro temperatura. All’opposto, l’acqua richiede tanta energia per cambiare di poco la sua temperatura.

Infine, ricorda che i valori di c riportati in tabelle sono validi per condizioni standard approximate; in scenari reali, temperatura e pressione possono farli variare in modo non trascurabile.

Altri esempi pratici rapidi

Versare caffè bollente in un bicchiere di alluminio fa scaldare in fretta il contenitore, perché l’alluminio ha c relativamente basso e ottima conducibilità: la temperatura del bicchiere sale rapidamente verso quella del caffè.

Posare un cubetto di ghiaccio su blocchi di metalli diversi mostra differenze nette: sull’alluminio il ghiaccio si scioglie più velocemente, per via della conduzione efficace e della minore energia richiesta per innalzare la temperatura del metallo.

Nel mondo industriale, l’acqua come fluido di scambio assorbe molta energia senza aumentare troppo la temperatura, evitando surriscaldamenti rapidi; per questo è preferita rispetto a gas o metalli liquidi in numerosi impianti.

In mare aperto, masse d’acqua con alto calore specifico regolano l’inerzia termica del pianeta: accumulano calore d’estate e lo cedono gradualmente, influenzando le correnti, la formazione di brezze e la distribuzione delle precipitazioni.

Alla luce di definizioni, formule, tabelle e casi reali, il calore specifico si rivela una chiave di lettura semplice ma potentissima: consente di prevedere come una sostanza reagirà allo scambio termico e di progettare, con buona approssimazione, sistemi efficienti di riscaldamento, raffreddamento e controllo climatico.

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